Dopo lo stop per la pandemia, torna a essere inscenato il dramma che sancisce la vittoria del bene sul male dopo la resurrezione. «Tutta la comunità attende con gioia questo momento», afferma uno dei protagonisti a MeridioNews. Guarda le foto
Adrano, torna la rappresentazione dei Diavulazzi di Pasqua «Tradizione antichissima ma ancora molto viva tra i giovani»
«La pandemia è riuscita a fermare una manifestazione: cosa che storicamente non era mai avvenuta. Adesso la comunità attende con gioia. È un momento in cui si riporta al centro il vero significato della Pasqua». Se le condizioni meteorologiche primaverili del 2022 sono altalenanti e lasciano un po’ di rammarico per una bella stagione che deve ancora arrivare, a essere attesa con entusiasmo è la Pasqua, che dopo due anni potrà essere festeggiata facendo sì attenzione, ma con restrizioni ridotte e con il ritorno delle tradizioni e funzioni religiose. Uno dei tanti eventi molto attesi in Sicilia è quello della Diavolata di Pasqua ad Adrano, in gergo detta Diavulazzi. Si tratta di una rappresentazione in cui vengono personificati il male, l’umanità e l’anima e viene incarnata l’importanza salvifica della resurrezione. A parlare della ripresa dell’evento è Antonino Cozzo, adranita che da anni fa parte del gruppo che inscena lo spettacolo tratto dal dramma scritto nel 1751 da Anselmo Laudani. «Nella rappresentazione ci sono dei momenti salienti, come la rottura dell’arco della Morte o quando i demoni, incatenati e percossi dall‘Angelo Gabriele, vengono difesi dal Diavolo con la lancia. È un momento concitato, folkloristico e vissuto, ma l’aspetto principale che è quello dell’importanza della resurrezione non si è mai perso».
Il dramma viene rappresentato intorno all’ora di pranzo del giorno di Pasqua, per poi riprendere anche durante le ore serali, novità che va avanti dall’inizio degli anni Duemila. Giochi di luce e musiche fanno da corredo a Lucifero e gli altri Daivoli, la Morte, eterna nemica dell’uomo, l’Umanità, simbolo della speranza, e l’Arcangelo Michele, avversario del demonio. Tutti i protagonisti si fronteggiano con performance che danno spazio a versi, invocazioni e mosse tramandate da padre in figlio da circa 250 anni. La storia inizia con i Diavoli che, non appena si accorgono che Cristo non è più nel sepolcro, convincono l’Umanità a restare dannata. Così interviene l’Arcangelo Michele che, dopo una lotta con Lucifero e i Diavoli, sconfigge il male liberando l’Umanità. Finita la rappresentazione, davanti alla chiesa di Santa Chiara avviene l’incontro di Maria con il figlio Gesù, a sancire la pace e la redenzione. «Tutto è ambientato in un bosco dove c’è Lucifero – racconta Cozzo – che non si capacita del perché Cristo, suo fedele nemico, sia potuto risorgere. A questa scena segue l’ingresso della Morte – continua Cozzo – L’arrivo della Morte dà il via a una lotta serrata e cruenta con l’Umanità: è uno dei momenti di maggiore pathos. La Morte impugna un arco con cui può ferire l’Anima, che essendo redenta finisce per avere la sua rivalsa sulla Morte».
La rappresentazione prosegue con il tentativo dei due Diavoli di impadronirsi dell’Anima e prendere possesso dell’Umanità, ma sarà l’arrivo dell’Arcangelo Michele a sconfiggere i Diavoli e a ordinare alla Morte di rompere l’arco e gettarlo via. Protagonisti assoluti sono proprio l’Umanità e l’Arcangelo Michele, interpretati da una bambina e un bambino, «perché in scena devono rappresentare l’innocenza. Chi tra la folla riusciva a prendere l’arco era una segno di buon auspicio – aggiunge Cozzo – Mentre fino agli anni 70′ c’era l’usanza che vedeva l’angelo tagliare davvero le corna delle maschere dei Diavoli, poi non si fece più, perché ogni hanno dovevano essere ricostruite». La rappresentazione è svolta dall’associazione teatrale Udiri, che prende il nome originario della rappresentazione. Ad avere il patrocinio è il Comune di Adrano, che alla fine dona un compenso a ogni singolo rappresentante. «Dai documenti d’archivio si legge che negli anni 20′ del 900′ chi prendeva parte allo spettacolo veniva pagato con carne e salsiccia – dice ancora l’adranita – Un piccolo compenso c’è sempre stato: noi lo facciamo con passione e con molto piacere. Certo – sorride – abbiamo sempre passato una Pasqua diversa da come si può immaginare solitamente, ma è il nostro modo di trascorrere questo giorno di festa importantissimo».
Cozzo, sin da bambino, è una presenza fissa nelle Diavolate. «Una volta – ricorda – fu posticipata per maltempo. Ci sono state anche occasioni in cui abbiamo recitato sotto i fiocchi di neve. Poi, c’è stato il Covid, ma adesso si riparte». Negli anni precedenti allo stop per la pandemia, ha riscosso grande successo la rappresentazione anche nelle ore serali. «Si sa, partecipare durante le ore di pranzo il giorno di Pasqua non è semplice per chi non è di Adrano: per questo l’appuntamento serale è molto partecipato. Noi – conclude Cozzo – siamo molto soddisfatti: tanti vogliono prendere parte al dramma e noi siamo fieri di tramandarla. Per esempio, quando mio figlio ha interpretato il mio ruolo da bambino per me è stata una grande emozione. Spero che tutto ciò continui per altri genitori coi propri figli».