Dopo la bocciatura della riforma regionale sulle risorse idriche il tema è tornato alla ribalta. Il legale Ragonese afferma che la società, che ha già rapporti con 34 Comuni, è disposta a prendersi carico del servizio nell'intero comprensorio se lo consentono le condizioni economico-finanziarie
Acqua, l’Amap candidata al ruolo di gestore unico «Se operazione sostenibile, Cefalù non resta fuori»
La sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato numerose norme della riforma dell’acqua approvata all’Ars, riporta a galla il tema del gestore unico all’interno dell’ambito territoriale. Tra le altre cose è stata cassata la norma che consentiva la gestione diretta del servizio da parte dei Comuni, anche in forma associata, e tramite la costituzione di sub-ambiti all’interno dell’Ato idrico. Ma quale impatto potrà avere la sentenza nel Palermitano?
Dopo il fallimento di Aps, l’Amap si prese carico – dopo un anno e mezzo di tira e molla con la Regione e di trattative sul filo della tensione – del servizio integrato solo in 35 Comuni (ora 34) sui 52 serviti precedentemente, oltre che dei 202 lavoratori ex Aps. Lo Sblocca Italia imponeva il gestore unico ma all’epoca 17 Comuni si defilarono: una decina fece ricorso e ottenne la gestione diretta delle reti idriche, gli altri non firmarono l’accordo. I restanti Comuni, invece, entrarono in società acquistando quote azionarie dell’Amap, di cui nel frattempo giunta e Consiglio comunale avevano modificato lo statuto per consentire l’ingresso dei nuovi soci. La situazione è rimasta immutata fino alla sentenza della Consulta, con la quale tutti i nodi sono venuti al pettine: nel Palermitano come nel resto della Sicilia serve il gestore unico in ogni ambito territoriale.
La decisione della Suprema Corte, oltre a scatenare polemiche politiche e ad accendere gli animi dei Movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni e del Comitato promotore della legge di ripubblicizzazione delle acque in Sicilia, ha subito provocato la reazione del sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina, che ha tirato in causa anche l’Amap con la quale si è scontrato spesso nell’ultimo anno.
«Sull’acqua avevamo ragione – dice Lapunzina -. Per la Corte Costituzionale ci vuole un unico gestore per tutto l’ambito territoriale ottimale». A prescindere da una valutazione sul merito «che può vederci favorevoli o contrari – aggiunge il sindaco di Cefalù – è la riprova che sull’acqua non si può frazionare a piacimento l’ambito territoriale ottimale e chi vuole assumerne la gestione del SII (Servizio Idrico Integrato ndr), sia essa Amap o altri, non può scegliersi i territori, come in un monopoli». Poi il sindaco ha chiosato: «Adesso attendiamo i conseguenti provvedimenti di chi di dovere, a partire dal Presidente dell’Assemblea Territoriale Idrica».
Dal canto suo l’Amap incasella la vicenda di Cefalù come «un caso che riguarda la messa a regime del sistema idrico dell’Ato – spiega il legale dell’Amap Giuseppe Ragonese – che prescinde dalla sentenza della Corte costituzionale, che in questo caso afferma il principio che si deve tendere verso il gestore unico in ogni ambito. Se è questo il senso dell’affermazione del sindaco di Cefalù nessuno la può mettere in dubbio». La normativa nazionale – spiega ancora Ragonese – ammette comunque delle deroghe al gestore unico contenute nel codice ambientale del testo unico sulle Acque. «È l’Ati che adesso dovrà decidere. L’Amap è un soggetto pronto a recitare il suo ruolo di gestore unico – afferma il legale della società – ma solo nel momento in cui ci siano le condizioni di sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione». Per arrivare a questo, secondo l’Amap, ci sono però tutta una serie di passaggi da fare: la ricognizione delle infrastrutture, l’approvazione per un piano d’ambito riferito ai Comuni che dovrebbero far parte della gestione unica, capire quali sono i costi e qual è la tariffa che va a coprire questi costi, se la tariffa applicata all’ingrosso è calibrata con quella che si vende all’utenza finale. «L’Amap – ribadisce – è pronta a portare avanti questo percorso che presuppone questi passaggi già in gran parte espletati con oltre 34 Comuni. Ha già stilato un piano industriale, l’ha approvato e ha già una proposta tariffaria che può arrivare all’equilibrio costi-ricavi».
Cefalù però non fa parte di questi 34 Comuni come «non fa parte della compagine dei soci di Amap perché non ha mai disposto l’affidamento del servizio ad Amap – afferma Ragonese -. Si tratta di un caso diverso». Il Comune di Cefalù però «entrerà nella gestione unica, quando ci si arriverà, certamente non potrà essere lasciato fuori. Ma la si potrà avere nel momento in cui ci sono le condizioni di sostenibilità economico-finanziarie – ribadisce – altrimenti si corre il rischio di una Aps 2, il gestore precedente che è fallito». I vertici della società, spiega il legale, stanno lavorando per evitare che il passato si ripeta, a danno della comunità e degli utenti ma «in ogni caso tutto passerà attraverso l’Assemblea territoriale idrica (Ati), che dovrà assumere tutta una serie di determinazioni».