Ieri in una seduta consiliare straordinaria è stato presentato il progetto ideato dal commissario per la depurazione delle acque Enrico Rolle. I dubbi sollevati da consiglieri e sindaci, sulle conseguenze che potrebbe portare lo smaltimento delle acque
Acireale, il depuratore arriva in Consiglio comunale Ecco due impianti e tubazioni lunghe 370 chilometri
«Siamo alla conclusione di un problema che abbiamo da moltissimi anni: adesso tocca alla politica prendere delle responsabilità». Con queste parole il primo cittadino di Acireale Stefano Alì ieri mattina ha aperto la seduta consiliare convocata in maniera straordinaria: argomenti all’ordine del giorno erano i depuratori consortili da realizzare e il sistema fognario per lo smaltimento delle acque reflue. Nello specifico si è discusso il progetto di fattibilità pensato dal commissario per la depurazione delle acque Enrico Rolle, insieme al rup Ignazio Meli, al professor Attilio Toscano e all’ingegnere Francesco Grasso. Oltre agli esperti, la giunta comunale e i consiglieri, erano presenti in aula anche i sindaci di Santa Venerina, Aci Sant’Antonio e Riposto e Aci Castello.
Il disegno ideato da Rolle si concentra su due punti: il primo parla del nuovo sistema fognario da realizzare per raccogliere e collettare le acque reflue; mentre il secondo punto vede la realizzazione di due impianti depurativi che dovrebbero sorgere nel territorio acese: quello della zona Femmina Morta e quello di via San Girolamo. L’impianto di fognature previsto nel progetto misura 370 chilometri e dovrebbe coprire l’«agglomerato di Acireale» – così come definito nel progetto – il quale comprende anche Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, San Gregorio di Catania, San Giovanni la Punta, Santa Venerina, Valverde, Viagrande, Trecastagni e Zafferana. In questo agglomerato sono state individuate tre zone di servizio per la raccolta delle acque nere. Ciascuna di esse sarà servita da un impianto di depurazione: rispettivamente gli impianti di Pantano D’Arci, Femmina Morta e via San Girolamo. Gli ultimi due depuratori dovrebbero quindi insistere entrambi su Acireale. Il costo delle opere che comprende sia il sistema fognario che i depuratori dovrebbero aggirarsi sui 200 milioni di euro e per una durata che va dai quattro ai cinque anni.
«Stiamo parlando di un passaggio importante se si pensa che ci sono voluti molti anni affinché i sistemi di depurazione e di smaltimento delle acque venissero regolarizzati – spiega Rolle -. Dal 1991 l’Europa ha varato leggi sul sistema idrico integrato e nel 2004 sono scattate le prime sanzioni». I due depuratori servirebbero un agglomerato di circa 200 mila abitanti. Il depuratore San Girolamo servirebbe le frazioni marinare di Acireale e Guardia Mangano, Santa Venerina e Zafferana Etnea, mentre il depuratore di Femmina Morta farebbe capo alle città di Acireale, Aci Catena, Aci Bonaccorsi, Aci sant’Antonio, Trecastagni (in quota parte), Valverde, Maugeri, Viagrande e San Giovanni la Punta (in quota parte). I restanti territori della provincia etnea che non fanno capo a questi due depuratori sarebbero serviti dal depuratore già esistente di Pantano D’Arci.
Una svolta, dunque, sembra essere arrivata in una situazione che dal 2012 rimane in fase di stallo. Sebbene non è stato ancora definito quando i lavori avranno inizio. Da anni infatti si discute sulla necessità di avere un depuratore che serva tutto l’hinterland acese fino ai paesi di San Gregorio e San Giovanni la Punta, ma finora niente è stato fatto. Fino al 2015 si pensava che tutti i paesi dell’hinterland dovevano essere serviti da un unico depuratore, mentre da qualche anno a questa parte ha preso sempre più piede l’ipotesi dello spacchettamento di un unico sistema in più punti. Nel frattempo le sanzioni dell’Europa sui Comuni del circondario sono destinate a essere sempre più elevate qualora non si ricorresse a un sistema di depurazione.
E se da un lato la situazione sembra sbloccarsi con la discussione di un progetto di fattibilità, dall’altro lato rimangono le perplessità di sindaci di alcuni Comuni limitrofi ad Acireale, dubbi suffragati da molti consiglieri comunali Acesi. Le perplessità dei politici riguarderebbero infatti le possibilità di inquinamento causate dallo scarico dei fanghi che andrebbero a riversarsi sul tutto il territorio, andando a colpire anche punti sensibili come le coste e altre zone a predisposizione turistica, generando un boomerang per la crescita e, quindi, per il turismo. Il Consiglio comunale acese chiede a gran voce che i lavori vengano supportati da studi sul territorio, visto che sono presenti molte aree protette da vincoli paesaggistici, archeologici e a rischio idrogeologico. Uno dei punti messi al centro della discussione da molti consiglieri è il torrente Lavinaio-Platani, vicino a cui dovrebbe sorgere il depuratore di via San Girolamo. «Il torrente Lavinaio-Platani è soggetto ad allagamenti durante le piogge, tuttavia abbiamo individuato un punto dove il pericolo non sussiste», dice il rup Ignazio Meli. A preoccupare sarebbe anche la vicina area archeologica del Parco delle Aci, ma Meli afferma che «il sovrintendente ci ha riferito che non c’è alcun tipo di vincolo in questo senso». Inoltre, sempre alcuni consiglieri si sono trovati contrari all’idea di avere più depuratori, avanzando la proposta di far confluire tutti gli scarichi in un unico depuratore, ovvero quello di Pantano D’Arci.
Su quest’ultimo e altri punti, anche Enrico Rolle prova a replicare. «Spetta alla Regione individuare le modalità di smaltimento di fanghi, attuando anche le tecniche di minimizzazione. Le acque possono essere riutilizzabili – continua – Chi è preoccupato sul possibile inquinamento delle coste, dico solo che finora non è capitata mai una cosa del genere. Bisogna soltanto realizzare gli impianti nella maniera adatta: penso per esempio alla costiera sorrentina, dove non c’era la conformazione del territorio, così l’impianto è stato fatto in galleria: oggi quella zona è uscita dalla procedura d’infrazione». Rolle poi risponde alla possibilità di far rimanere un unico depuratore, dicendo che questa ipotesi non sarebbe possibile perché «non ci sono le condizioni idrauliche».