Aci S. Antonio, processo per abusi nella casa di cura Anziani legati ai letti, tra topi, escrementi e scabbia

I fatti avvenuti all’interno della casa di cura Villa San Camillo ad Aci Sant’Antonio saranno al centro di un processo. La decisione è stata presa dalla gup Giuseppina Montuori, che ha accolto le richieste di rinvio a giudizio presentate dalla pm Valentina Botti nei confronti del responsabile della struttura Giovanni Marchese e delle lavoratrici Alessandra Di Mauro, Rosaria Vasta e Giovanna Coco. Ognuno di loro dovrà rispondere dell’accusa di avere avuto un ruolo negli abusi che sarebbero avvenuti ai danni degli ospiti, per larga parte anziani e non autosufficiente, tra cui un uomo di cento anni. 

L’indagine dei carabinieri è stata chiusa lo scorso autunno e ha portato alla sospensione dell’attività condotta da Marchese nel centro dell’Acese. Medico cardiologo, 60 anni, Marchese ad Aci Sant’Antonio ha una parentesi anche da assessore in quota Udc, nella giunta – era il 2011 – allora guidata da Pippo Cutuli. Per la procura è colpevole di non avere vigilato su quanto accadeva all’interno della casa di cura, dove le vessazioni e le umiliazioni degli anziani sarebbero state abituali. L’amministratore si sarebbe inoltre disinteressato delle cure mediche di cui necessitavano gli ospiti, costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie talmente precarie da attirare i topi. Molti i casi di scabbia registrati, che anziché essere curati con farmaci appropriati sarebbero stati trattati con olio d’oliva. 

Nelle mani dell’accusa ci sono le intercettazioni ambientali e le immagini riprese dalle microspie. Gli obiettivi elettronici hanno registrato non solo le carenze nell’assistenza ma anche atteggiamenti violenti da parte delle operatrici Di Mauro, Vasta e Coco. A quest’ultima – difesa dall’avvocato Fabrizio Maugeri – è contestata anche la recidiva. Le tre donne in più di un’occasione avrebbero deliberatamente scelto di non rispondere alle richieste di aiuto degli anziani e di punirli lasciandoli tra le lenzuola sporche di escrementi. In un caso un uomo sarebbe stato lavato con il sapone utilizzato per la lavatrice. «Fai un odore di aloe», avrebbe ironizzato una delle imputate rivolgendosi all’uomo. A partire dal mese di settembre, davanti ai giudici della seconda sezione penale, verrà esaminata anche l’accusa di avere legato ai tavoli e ai letti gli anziani così da impedire di farli muovere. Alcuni di loro hanno riportato profonde piaghe da decubito, mentre una donna ha subito la frattura del bacino.

Intanto, in via Nicola Maugeri, dove ha sede la casa di cura, campeggia un cartello che annuncia la nuova gestione. A prendere in mano la struttura, che è stata dissequestrata dal tribunale una volta venute meno le esigenze investigative, saranno i proprietari dell’immobile che per circa un decennio è stato preso in affitto da Marchese. Il medico, che nello stesso luogo aveva il proprio studio professionale, attualmente si trova sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Aci Sant’Antonio. Misura decisa dal tribunale, in seguito alla revoca dei domiciliari, ottenuta dai suoi legali, gli avvocati Enzo Mellia e Giacomo Gallo. «Sarà una residenza per anziani e non più una casa di cura, con poco più di venti posti letto e soprattutto che non avrà nulla a che vedere con la precedente gestione», assicura Rosario Gioco, amministratore della società da poco costituita per occuparsi dell’attività. 

La volontà è quella di recidere ogni filo con il passato, nella consapevolezza che servirà impegno e tempo per guadagnare la fiducia di chi cerca un luogo sicuro per i propri cari. «Ci sarà un medico e dei professionisti, ma nessuno di coloro che hanno avuto a che fare con Villa San Camillo – prosegue l’amministratore -. Qualcuno dei precedenti lavoratori si è fatto avanti, ma per quanto non siano stati coinvolti nell’indagine abbiamo chiarito la volontà di voltare completamente pagina». 


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