Aci S. Antonio, ex netturbino si incatena Sindaco: «Il suo ricorso è stato rigettato»

«Quanto rimarremo qui? Non so, di tempo d’altronde non ce ne manca visto che sono senza lavoro per motivi che non ho mai capito». A parlare è Vincenzo Grasso, l’uomo che insieme alla moglie si è incatenato questa mattina a pochi metri dall’ingresso del municipio di Aci Sant’Antonio. Per fissare la catena ha scelto il paletto di sostegno di un cestino per i rifiuti, simbolo al contempo del lavoro che a suo dire gli è stato sottratto e della situazione che ormai da quattro anni si trova costretto a vivere, senza un’occupazione fissa, alla ricerca di lavori giornalieri e con una famiglia da mantenere.

Grasso, 45 anni, ha lavorato come netturbino ad Aci Sant’Antonio dall’aprile 2008 al settembre 2011. Tre anni e mezzo nei quali l’uomo, forte di un contratto a tempo indeterminato, credeva di aver costruito basi professionali solide. Questo perlomeno fino al giorno in cui ha scoperto di essere stato licenziato senza speranze di riassunzione. A differenza di quanto sarebbe spettato ai suoi colleghi: «Praticamente tutti hanno trovato un’occupazione – dichiara Grasso -. La maggior parte di loro è rimasta nel Comune di Aci Sant’Antonio, la restante è stata presa in carico da altri Comuni. Solo io sono rimasto per strada».

A ripercorrere la storia del 45enne è Santo Giuffrida, dirigente del sindacato autonomo Fiadel: «La vicenda risale al settembre 2011 quando ad Aci Sant’Antonio la ditta Oikos subentra alla GeoAmbiente nella raccolta dei rifiuti. In questo passaggio – continua il sindacalista – Grasso è rimasto fuori a differenza dei suoi colleghi che sono stati riassunti dalla nuova società così come previsto dall’accordo. Non sappiamo motivare quanto avvenuto, anche perché il suo nome figurava nell’elenco degli operai presentato dalla GeoAmbiente all’Ufficio provinciale del lavoro, poco prima del cambio d’appalto». Un taglio inaspettato che Grasso adesso chiede al sindaco di Aci Sant’Antonio di risanare: «Siamo coscienti che tutto si è svolto quando a guidare la città c’era la passata amministrazione – prosegue il dirigente della Fiadel – ma si tratta di una decisione presa dal Comune e non possiamo fare altro che rivolgerci a quest’ultimo».

Sulla vicenda, però, la posizione di Santo Caruso, attuale primo cittadino santantonese, sembra essere netta: «Premettendo che dispiace sempre quando qualcuno perde il lavoro, non sono nella condizione di poter cambiare le cose né di impegnarmi formalmente a risolvere la sua situazione. Questo – spiega Caruso – non per una mancanza di volontà ma perché si tratta di decisioni prese dal mio predecessore, e sulle quali si è espresso anche il Tribunale del lavoro rigettando un ricorso presentato dal lavoratore». Il riferimento del sindaco va al pronunciamento della sezione Lavoro del tribunale di Catania in merito al ricorso presentato da Grasso nell’agosto 2012, in cui veniva richiesto il reintegro nel rispetto delle norme sull’avvicendamento delle imprese nella gestione degli appalti

Di avviso diverso, però, è stato il giudice Rosario Cupri secondo il quale l’obbligo per la Oikos di assumere Grasso vi sarebbe stato soltanto nel caso in cui nel passaggio di appalto non fossero subentrate delle modifiche: «Non si tratta di un obbligo incondizionato il quale sorge in ogni ipotesi di subentro nell’appalto – si legge nell’ordinanza – dovendo in concreto sussistere tutte le condizioni per consentire la nuova assunzione dei lavoratori della impresa cessante, e fra queste, vi è sicuramente la identità dell’assetto negozionale nel senso che il passaggio di appalto deve essere effettuato a parità di prestazione».

Prestazioni che però, in base a quanto previsto dall’ordinanza urgente emessa dall’allora sindaco Pippo Cutuli, cambiarono nel momento in cui il Comune, in seguito alla decisione di due operai di rinunciare al passaggio di appalto, fece presente all’Oikos di utilizzare un personale comprendente non più 15 unità full time e 7 part time (così come fatto fino ad allora da GeoAmbiente) ma di 20 tutte a tempo pieno: «[…] Tenuto conto che con il costo di due dipendenti che non sono transitati si riesce senza squilibrio di spesa a trasformare i contratti delle sette unità part time in full time – si legge nell’ordinanza del 2011 – si rende opportuno procedere quindi alla modifica dell’articolo 15 del disciplinare [di gara, ndr]». Tale decisione – ritenuta dal tribunale giuridicamente legittima – di fatto estromise dal personale Grasso, che però non si arrende ed è deciso a continuare la propria battaglia. «Perché hanno dovuto sacrificare me?».


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