Giovedì gli attivisti della rete Mediterraneo antirazzista hanno organizzato una partita senza palla contro l'ordinanza del sindaco Filippo Drago. Un flash mob senza preavviso al quale ne segue un altro, oggi, stavolta raccontato tramite i social network. Nel frattempo il primo cittadino corregge il tiro
Aci Castello, calcio in piazza contro il Daspo urbano «Il decreto Minniti? Deriva securitaria inaccettabile»
L’appuntamento è per le 17 in piazza Castello: una partita di calcetto contro il Daspo urbano ad Aci Castello. Giovedì gli attivisti della rete Mediterraneo antirazzista si erano visti al centro del Comune castellese per improvvisare un match senza palla. Un flash mob contro l’ordinanza del sindaco Filippo Drago che vietava «i giochi di squadra (calcio, pallavolo eccetera…) non autorizzati dall’amministrazione comunale nelle piazze e vie pubbliche». Oggi i componenti della comunità resistente Piazzetta (che si riuniscono in piazza Santa Maria di Gesù a Catania) replicano. «Abbiamo aderito anche alla manifestazione del 4 aprile – spiegano – ma stavolta abbiamo deciso una modalità diversa: quella era una partita simulata, senza un pallone e senza un preavviso. Stavolta, invece, l’impostazione è diversa». A partire dal fatto che quello di oggi pomeriggio è un evento preparato e diffuso tramite i social network, a partire da un’immagine (il divieto di gioco a palla e, sotto, la scritta «Allora ci droghiamo») in breve diventata virale.
La protesta prende le mosse dal decreto legge che prende il nome dal ministro dell’Interno Marco Minniti in materia di sicurezza urbana. Un testo che prevede di applicare il modello del Daspo per gli ultrà del calcio a chi deturpa il decoro urbano. In mezzo finiscono il vandalismo, la prostituzione, il commercio ambulante non autorizzato e i parcheggiatori abusivi. Ad Aci Castello, il primo cittadino ha applicato la legge con un documento datato 4 maggio, sostituito poi il giorno successivo con una nuova ordinanza. La seconda si discosta dalla prima per qualche dettaglio: anziché il divieto di gioco di squadra in tutto il territorio comunale, è istituito il «divieto di assembramento nelle piazze Giovanni XXIII, Castello, Maiorana e nello spazio antistante il sagrato della chiesa di San Giovanni ad Aci Trezza per i giochi di strada».
«Con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti», si legge nell’ordinanza sindacale, Drago sottolinea che sempre più spesso verrebbero segnalati gruppi di persone, giovani o adulti, che «bivaccano, consumano alimenti e bevande sul suolo comunale e creano difficoltà legate alla libera fruizione degli spazi pubblici». In mezzo ci sarebbero i rifiuti gettati per terra e l’abuso di alcolici che, secondo Drago (esponente del movimento Noi con Salvini), «generano percezione di insicurezza e mettono in atto comportamenti contrari alla vocazione turistico-residenziale del territorio». Il sindaco, poi, va oltre, e parla di «extracomunitari» che vendono merci al dettaglio e di parcheggiatori abusivi. Tutti comportamenti, che includono anche i giochi di squadra per strada, nei confronti dei quali sarebbe necessaria una «repressione».
«Si tratta di un attacco ai poveri, ai senzatetto e agli ambulanti – continuano dalla comunità resistente Piazzetta – È un modo per dire: non importa che esistiate, l’importante è solo che non vi facciate vedere in centro, che stiate nascosti, perché ai turisti potreste non piacere». Il divieto di giocare a calcetto, quindi, «è un pretesto per parlare di qualcosa di più importante: non facciamo una battaglia politica perché ci hanno portato via il pallone, lo facciamo perché per noi è assurdo prevedere un confino per i trasgressori. È una normativa fascista». Nel testo pubblicato sul sito del Comune di Aci Castello si legge che per venditori ambulanti e posteggiatori abusivi, infatti, si possa prevedere l’allontanamento dal mercato ittico, dal porto, dalle piazze centrali di Aci Castello e dall’intera frazione di Aci Trezza. «Quando l’ordine pubblico viene messo sullo stesso piano della libertà – proseguono gli attivisti – parte una deriva securitaria che non si può accettare».