Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Maria Teresa Maligno, gli imputati avrebbero eseguito interventi chirurgici (mastoplastica additiva, rinosettoplastica o ricostruzioni mammarie) non autorizzati dall’azienda sanitaria e fuori dal regime di intramoenia allargata, senza emettere fatture o riportando importi non corrispondenti e senza registrare i dati fiscali dei pazienti. In tal modo avrebbero percepito indebitamente le quote per le prestazioni effettuate, diverse migliaia di euro.
I medici dell’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello Dario Sajeva, direttore Unità operativa semplice Chirurgia maxillo-facciale, Francesco Mazzola, dirigente medico di Chirurgia plastica, l’anestesista Daniele Burrascano e Salvatore D’Arpa, chirurgo plastico del Policlinico Giaccone, sono accusati di peculato e fatture false. Altri tre medici coinvolti, invece, hanno deciso di patteggiare la pena: si tratta di Bartolo Corradino (due anni), Salvatore Fortezza (un anno e otto mesi) e Saverio Aquilino (un anno e mezzo).
Il processo è iniziato lo scorso gennaio e ieri mattina è stato ascoltato il capitano del Nas Mansueto Cosentino, che ha condotto le indagini in qualità, allora, di comandante del nucleo antisofisticazioni dei carabinieri di Palermo (che ha competenza sulla Sicilia occidentale). Da maggio 2014 Cosentino è stato trasferito a Desio, in Lombardia. Attualmente è coinvolto nell’inchiesta sulla pubblicazione della presunta intercettazione tra l’ex primario dell’unità operativa di Chirurgia plastica di Villa Sofia, Matteo Tutino e il governatore siciliano Rosario Crocetta, sull’ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino .
«Abbiamo rilevato – ha detto in udienza il capitano del Nas -, oltre che un’attività chirurgica che andava oltre i limiti consentiti dall’autorizzazione, la presenza di numerosi medici con un contratto a carattere di esclusività autorizzati ad effettuare attività intramuraria e in regime allargato. Vuol dire che il medico può prestare servizio presso aziende non convenzionate ed emettere le ricevute sul bollettario aziendale all’atto della prestazione. Il fatturato è a nome della stessa azienda ospedaliera da cui dipende e a cui deve versare delle quote stabilite contrattualmente. Per sé il medico trattiene una quota parte, intorno al 70-80 per cento. Queste prestazioni – ha proseguito Cosentino – vanno effettuate sempre nei giorni e orari concordati con l’azienda e secondo un tariffario che viene vidimato e autorizzato. Presso le aziende ci sono uffici denominati Alpi (Attività libero professionale intramuraria), che fanno la contabilità annuale e restituiscono poi al medico la quota e durante il controllo al centro Ippocrate (centro privato presso cui si appoggiavano gli imputati per gli interventi in intramoenia, ndr) – ha aggiunto Cosentino – nei registri riscontrammo un numero abbastanza importante di prestazioni sanitarie, effettuate senza il rilascio di alcuna fattura o di autorizzazione all’attività intramurale».
Il Nas ha accertato somme di migliaia di euro per ciascun medico per le indennità di esclusività partendo dal primo intervento chirurgico eseguito «in violazione del contratto», a partire dal 2008, e così quantificato: «Per Mazzola – ha spiegato Cosentino – abbiamo valutato una indebita percezione per 57mila e 600 euro, dal 2008 al 2012 fino al mese di marzo, per Sajeva stimato 48mila e 849 euro dal 2008 al 30 marzo 2012, e per Burrascano 52mila e 853 euro negli anni 2008, 2009 e 2010 che sono dati correlati in attività svolta in regime di esclusività e autorizzazione Alpi. Non avendo svolto attività in esclusiva per l’azienda sanitaria, sono state indebitamente percepite. Quantificazioni – ha precisato il capitano Cosentino, rispondendo alla domanda dell’avvocato Gemelli per il contro esame – acquisite presso l’ufficio Alpi delle aziende ospedaliere».
Sajeva e Mazzola negli ultimi anni sono stati coinvolti in altre vicende giudiziarie. Tutino nel 2013 aveva denunciato anomalie nella codifica e modalità “sospetta” di compilazione delle Sdo, le schede di dimissione ospedaliera, ritenute per questo gonfiate. L’anno di riferimento era il 2012, anno in cui Sajeva era il direttore dell’unita operativa. Lo scorso aprile il gip Lorenzo Matassa ha archiviato le denunce fatte da Tutino alla Digos. Come si legge nella richiesta di archiviazione dei pm Leonardo Agueci e Luca Battinieri «denunce dalle quali fin dall’inizio scaturirono audizioni hanno continuato a non fornire alcun significativo riscontro alla tesi propugnata o, quantomeno questa era la critica che un osservatore obbiettivo e non preconcetto avrebbe inevitabilmente dovuto cogliere, ma ciononostante si sono susseguite ulteriori integrazioni colorate da una lettura da parte della Pg, non particolarmente calzante del materiale indiziario; forse per eccessiva fidelizzazione instaurata con il Tutino, gli investigatori hanno sottoposto di volta in volta un quadro di proficua evoluzione della tesi di partenza».
Mazzola invece fu accusato di abuso d’ufficio e violazione della normativa sulle prestazioni libero-professionali per avere aver effettuato un intervento su una paziente, sul divano di casa; la donna sarebbe morta mesi dopo in ospedale. Per questo decesso è in corso un’indagine per omicidio colposo che coinvolge il chirurgo e altri cinque medici.
Sajeva e Mazzola dallo scorso agosto sono rientrati in servizio a Villa Sofia.
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