Abolita la Freccia del Sud «Un incredibile e magico viaggio nel tempo»

Trenitalia ha comunicato di aver soppresso la mitica Freccia del Sud, il collegamento che da Agrigento portava – dopo un viaggio estenuante – a Milano. E’ una tratta particolare, che ha visto la storia dell’Italia così come la conosciamo, pregi e difetti compresi. Vite di viaggiatori, emigranti, vacanzieri, lavoratori che si spostavano da un lato all’altro del Paese. Tommaso Maria Patti, nostro affezionato lettore, ci ha mandato il suo ricordo di questo particolare universo, fatto di antichi gesti forse perduti nella nostra modernità. Ma che è anche specchio di un presente che non crede più al proprio futuro.

Ecco il suo racconto.

Ne ho fatti di viaggi sulla Freccia del Sud e treni simili. Tutto cominciò nel 1969. Per quasi quattro anni i miei viaggi Catania-Bologna, dove frequentavo il triennio di ingegneria, furono incontri di amore-odio proprio con la Freccia del Sud: di odio le partenze verso il freddo e il dovere; di amore i ritorni verso casa, il caldo, il mare… la mia ragazza. A quei tempi la Stazione ferroviaria di Catania era sempre affollatissima. Partiva e arrivava tantissima gente, mentre l’aeroporto, sebbene in crescita, sembrava ancora quello di una piccola città.

Nei due anni successivi, trascorsi a Padova, prendevo il treno per Venezia; credo si chiamasse Freccia della Laguna. Si è trattato sempre di viaggi in cuccetta. Poi seguirono trentacinque anni e più di cuccette e vagoni letto (da quando ho cominciato a potermelo permettere) tra Roma e Catania. Ormai però le partenze e i ritorni erano da Roma e per Roma… La mia ragazza intanto era diventata mia moglie. Ho viaggiato anche in macchina, in aereo, in nave, in pulmann, è vero, ma il treno è stato sempre il mio mezzo di trasporto preferito. Era divertente il treno. Vi accadeva di tutto. Mi piaceva. In certi periodi in cui ho fatto il pendolare settimanale Roma-Padova in treno ci ho praticamente vissuto: ci dormivo due notti a settimana… Confesso che soffrivo e soffro quando sento certi commenti, soprattutto a Catania: «Che schifo i treni! Sono carri bestiame. Non capisco come faccia certa gente a prenderli… lenti, sporchi, mal serviti, mai puntuali; ci invecchi sui treni…». Io quei treni invece li ho amati, anche se forse ci sono invecchiato veramente. All’inizio avevo tutti i capelli ed erano scuri, come la barba. Oggi capelli ne ho pochissimi e sono bianchi. E bianca è pure la barba. Ma i treni del sud oggi sono serviti sempre peggio e ormai quelli per la Sicilia, un po’ alla volta, li stanno sopprimendo: prima quelli da e per il nord, poi i notturni da e per Roma. Alla fine aboliranno anche i diurni. Costa troppo la gestione dei traghetti ferroviari. Non fanno più neanche la manutenzione di quelli guasti. Ne sono rimasti solo due operativi dei cinque di una volta. Quando, a breve, saranno anche quelli inservibili… abbiamo chiuso! Prima o poi tutti i treni si fermeranno a Villa e si dovrà traghettare per conto proprio. Nell’isola vinceranno definitivamente i pullman delle compagnie private. E’ ovvio che allora l’aereo non avrà più alternative neanche da Roma. Intanto Alitalia avrà acquistato Windjet e, in mancanza di concorrenza, torneranno i prezzi carissimi di una volta.

Che peccato e… che passo indietro per la Sicilia! Le centinaia di volte che il mio treno ha dovuto traghettare ho sempre considerato assurdo che si impiegassero circa due ore e mezza dall’arrivo a Villa alla ripartenza da Messina. A lungo mi sono illuso che prima o poi si sarebbe costruito quel benedetto ponte. E quando ancora non ci avevano fatto il lavaggio del cervello, né si associava l’idea del ponte a un personaggio preciso e a una parte politica precisa… quasi tutti la pensavano come me. Ricordo Giuseppe Fava, che pure era di sinistra e certamente schierato contro la mafia, come lo auspicava quel ponte. Scrisse pagine infuocate per dimostrarne la necessità. Oggi mi sono convinto che il paese non ha più o, in un certo senso, non ha ancora il livello culturale per credere nuovamente nel proprio futuro e ripartire. In queste condizioni di declino, soprattutto del sud, non c’è la maturità collettiva per portare avanti un’opera di quella portata. Si dovrà aspettare che il paese si svegli di nuovo per riparlarne.

Ma torniamo ai treni: ricordo che fino a qualche anno fa il treno occorreva prenotarlo con due mesi di anticipo, soprattutto nei periodi di punta, a Natale, Pasqua, d’estate… altrimenti col cavolo che la trovavi la cuccetta: nel periodo che ancora il dollaro valeva stabilmente 625 lire (la nostra liretta era stabile) e l’Italia, anche senza accorgersene, cresceva velocemente, la cuccetta costava 1.600 lire. Poi a lungo il prezzo, mi pare, sia stato di 1.950 lire. Il biglietto vero e proprio, di qualche decina di migliaia di lire, variava in base alla lunghezza del viaggio e alla classe.

I viaggi erano abbastanza sicuri, ma certe volte avventurosi. Scioperi che costringevano a scendere a Villa per risalire su un altro treno a Messina. Nevicate che facevano fermare a lungo i treni anche a pochi chilometri dalle città di destinazione. Pullman sostitutivi per tratti inagibili, ad esempio per mareggiate in Calabria. Ne ho viste, ah se ne ho viste! Ricordo un viaggio con partenza da Venezia in piedi… anzi…su un piede solo fino a Bologna, poi ho potuto proseguire su due piedi finché da Firenze in giù sono cominciati i turni per sedersi. Oggi ci si lamenta di treni scomodi e sporchi… Ma vedeste allora… Ricordo l’assalto a un aranceto in Calabria, visto che il treno era fermo da ore e i viveri erano finiti… Ricordo certi incontri simpatici. Una ragazza in particolare: era di Augusta. Fu un viaggio piacevole, sebbene pieno di disagi. Avrei volentieri proseguito per quella città se a Catania non mi avesse aspettato una persona che per me contava molto… Ricordo certe partite a carte, più viste che fatte. Ricordo certi scompartimenti a cuccette, pieni di mamme con bambini neonati che piangevano tutta la notte… e gli odori… e i rumori… Ricordo che certe volte nascevano discussioni piuttosto accese, mentre altre volte si creava una magica atmosfera di simpatia e armonia. Ricordo un viaggio speciale un 26 dicembre con l’intera vettura vuota. Eravamo solo mia moglie ed io e nessuno avrebbe potuto sorprenderci… Ricordo che i litigi fra i viaggiatori sono sempre stati rarissimi. La gente era paziente e mostrava un’antica cultura contadina fatta di saggezza. Mai sentito di furti, ma tanto di notte ci si chiudeva dentro, bloccando la porta.

Sul traghetto si andava al bar solo se si poteva lasciare qualcuno di guardia nello scompartimento. C’erano anche piacevoli abitudini. Ricordo alla stazione di Firenze una voce che gridava «hàffe hàldo!!!» e quant’era buono quel caffè! Di ritorno dal nord l’arancino sul traghetto era il primo incontro con la Sicilia. Ricordo la ressa al bar: «A me cinque». «Io ne voglio due!». «Dieci arancini per me!». Una scena non la dimenticherò mai. Al barista, a un certo punto, ne era rimasto solo uno, anziché i dieci richiesti. Il cliente deluso e piuttosto maleducato, afferrato con rabbia l’unico arancino, lo scagliò in faccia al povero cameriere. Che scena!

Ho visto lentamente cambiare il livello culturale e l’educazione dei viaggiatori: soprattutto emigranti prima, povera gente che le famose valigie di cartone legate con lo spago le aveva davvero e che spesso proseguiva per la Germania; studenti, militari, turisti, o gente che viaggia quotidianamente per lavoro più di recente. Prevaleva il dialetto prima, l’italiano oggi. Si fumava dappertutto prima, poi gradualmente si è smesso e chi ancora fuma deve scendere alle stazioni. Da un certo momento in poi hanno istituito gli scompartimenti a cuccette per sole donne. Per un certo numero di anni sono stati operativi i viaggi «treno con auto al seguito». Che comodi che li trovavo!

Dal ’69 è passato tanto tempo. Oggi nessuno getterebbe l’arancino in faccia ad un cameriere. Ma in compenso nessuno ti chiederebbe «Vuol favorire?» come si faceva una volta, quando con modi cerimoniosi, ma quasi sempre sinceri, si offrivano, tirandoli fuori da incredibili barattoli o da cartocci di carta oleata olive, acciughe, formaggio…ed era una pena per me rifiutare, ma francamente non ce la facevo. Loro ci restavano male… Quanti ricordi, quanti episodi… troppi per raccontarli tutti. Per molti quelli erano solo viaggi nella geografia del paese. Per chi, come me, ha sempre viaggiato su e giù per l’Italia, si è di fatto trattato di un incredibile e magico viaggio nel tempo, che peraltro non è ancora finito. Oggi la gente non ha più né le gentilezze né le rozzezze di una volta. E’ cambiato tutto. Le persone sono mediamente più colte, più educate, più ricche, ma forse anche meno pazienti e gentili. Forse comunque le persone sarebbero anche oggi ben felici di avere pure al sud e in Sicilia treni moderni, confortevoli ed efficienti come i Freccia Rossa. Se si potesse andare a Roma in quattro ore perché prendere l’aereo, che di disagi ne comporta non pochi? Ma già oggi, purtroppo, o forse fra poco, la Sicilia non avrà più neanche i treni brutti e puzzolenti di una volta… Mentre i treni comodi e veloci saranno riservati solo alla parte più ricca del paese, quella che va da una certa latitudine in su e che è proiettata verso l’Europa. Poi ci si domanda come e perché nasca il divario nord-sud… Mah!

Oggi la stazione ferroviaria di Catania sembra la stazione, poco frequentata, di una piccola città periferica: ci si vedono più cani randagi che viaggiatori. L’aeroporto, invece, sembra quello affollatissimo di una metropoli del terzo mondo, dove i treni non possono permetterseli. Che pena! Politici siciliani: se ci siete battete un colpo, per favore…

Tommaso Maria Patti

 

[Foto di ludik]


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