Abitare e condividere lo spazio città Carta: «Visione partenariale pubblico-privato»

Un nuovo modo di abitare le città in cui non è soltanto il pubblico l’attore principale di strategie e politiche di organizzazione dello spazio urbano ma dove il privato, anche il più piccolo, può dare il suo contributo al decoro e alla manutenzione del territorio, insomma un’urbanistica condivisa.

Sembra questo il sentiero su cui cammina Palermo, così come altre città, quando leggiamo di iniziative da parte della cosiddetta società civile che si fa coinvolgere, non rassegnandosi, nella manutenzione, pulizia di spazi pubblici presi di mira da vandali, teppisti o semplicemente lasciati al degrado. Un sistema virtuoso, di reti e associazioni, che necessita comunque del ruolo delle istituzioni locali con funzione di coordinamento tra tutte le iniziative, altrimenti si rischia solo il caos.

Questa la posizione di Maurizio Carta urbanista e docente all’università di Palermo di Urbanistica e pianificazione territoriale oltre che presidente della Scuola Politecnica. «Queste iniziative sono da premiare e da lodare perchè esprimono cura e attenzione per la casa comune che è caratteristica ormai del nostro abitare le città – spiega a MeridioNews -. Prima si pensava che doveva essere il pubblico il solo a farsi carico della manutenzione e cura degli spazi comuni. Oggi la sparizione delle risorse pubbliche ci ha messi di fronte alla necessità che la città diventi uno spazio collettivo in cui ognuno fa la sua parte. E’ necessario un approccio partenariale in cui il pubblico incentivi questo tipo di interventi. Una sussidiarietà che non dove indebolire e che non si può sostituire all’azione pubblica».

Un modello ben riuscito nel capoluogo siciliano è quello di Parco Uditore che ha visto l’attivismo di cittadini nel mantenimento della struttura e al coinvolgimento, per alcuni versi, nel progetto anche di Comune e Regione.

«Il modello dell’urbanistica più recente sta proprio cercando di capire come questi strumenti possono essere integrati nella progettualità cercando di agevolare le forme di cooperazione anche quelle del cittadino più piccolo – continua Carta -. E’ un modello vincente ma ha un rischio: un’iniziativa dal basso di recupero e manutenzione di uno spazio pubblico è sempre apprezzabile ma quando in uno stesso spazio cominciano a confliggere diverse istanze dal basso, c’è il pericolo che questo salutare attivismo metta insieme diversi interessi senza nessuna regola»

Insomma tutto può andar bene all’interno di una piano e di una strategia « occorre avere una visione e degli obiettivi e quel che vi sta all’interno per raggiungerli può essere condiviso, di tutto il resto se ne deve ridiscutere – sottolinea il docente -. La città non è la somma di buoni intenzioni e di buone idee, la città è un progetto collettivo, dove le persone stanno insieme su un patto di cittadinanza».

I piani urbanistici devono essere comunque flessibili e intercettare i cambiamenti della città.

Carta concludendo il suo colloquio con MeridioNews parla anche della sua esperienza da ex assessore comunale ai tempi della giunta Cammarata e guarda ai cambiamenti della città

«Molte cose avviate in quel periodo sono state concluse altre nuove ce ne sono – dice -. Io continuo a offrire all’amministrazione il mio contributo come docente ed esperto. Credo che chiunque fa l’urbanista dovrebbe svolgere per obbligo, almeno per sei mesi, il ruolo di amministratore, per evitare il difetto in cui incorrono tutti gli urbanisti: pensano di aver fatto il miglior progetto e quando non viene realizzato pensano sia solo responsabilità della politica. La mia attività è oggi arricchita da quel punto di vista di amministratore perchè quando era dall’altra parta mi sono reso conto come i miei stessi progetti erano perfettibili. Quell’esperienza mi ha arricchito profondamente».


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