Dopo 130 giorni di lavori e 9 milioni 330mila euro di spesa, potrebbe essere tutto, o quasi, da rifare. Un rischio che il commissario Marco Guardabassi ha messo in conto nel suo Piano degli interventi di attuazione delle misure per il superamento dell’emergenza sulla A19, generata dal cedimento del viadotto Himera, a causa di una frana, lo scorso 10 aprile. Il bypass, approvato dalla Protezione civile lo scorso 26 giugno, dovrebbe essere pronto il prossimo dicembre ma non si escludono sorprese qualora, una volta ultimati i lavori, la carreggiata direzione Palermo si mostrasse più fragile del previsto. In ogni caso per saperlo – cioè per fare serviranno in totale nove mesi.
Guardabassi, nel suo documento, ammette di avere preso in considerazione l’immediata riapertura della carreggiata direzione Palermo, che, secondo autorevoli tecnici, non presenterebbe «lesioni gravi nella struttura e nelle opere fondali, mentre il suo spostamento a livello d’impalcato sarebbe agevolmente recuperabile non appena distaccata la carreggiata direzione Catania che su di esso ora poggia». L’ipotesi, se fondata, avrebbe consentito di evitare i lavori di realizzazione della bretella e delle opere connesse, favorendo la circolazione autostradale su un’unica carreggiata a doppio senso di marcia, con un considerevole risparmio di risorse e di tempo. «La carreggiata, apparentemente – scrive il commissario – non mostra evidenti segni di inflessione o cedimento e appare macroscopicamente in asse».
Che non vi sia l’assoluta certezza circa le condizioni di sicurezza per la riapertura immediata alla circolazione lo avrebbero attestato, tuttavia, i sopralluoghi dell’Anas: «È stato rilevato – recita la relazione – uno spostamento a livello dell’impalcato, che peraltro continua a essere soggetto alla spinta dell’opposta carreggiata, mentre non è dato di conoscere, ancora, lo stato delle fondazioni, per indagare le quali è indispensabile procedere a verifiche dirette, possibili solo dopo che l’area sia stata messa in sicurezza con la demolizione delle campate lesionate della carreggiata direzione Catania. Soltanto dopo, quindi, si potrà ottenere una diagnosi certa sulle condizioni della struttura, e in particolare delle fondazioni».
Senza trascurare che, qualora l’infrastruttura fosse utilizzabile, sarebbero comunque necessarie «opere di presidio» poiché il piede della frana ne lambisce le pile. L’insieme dei tempi necessari alla demolizione della carreggiata direzione Catania, alle indagini sulle fondazioni e sulle sovrastrutture e alla realizzazione delle opere di presidio è di circa nove mesi. Troppi, stante la situazione di emergenza. Si è deciso, pertanto, di battere altre strade. Il dubbio, o l’eventualità, che la carreggiata direzione Palermo possa essere riaperta ha, d’altra parte, sconsigliato il suo abbattimento il quale, insieme a quello della carreggiata direzione Catania, avrebbe consentito un risparmio di tempo e di costi: «Vi sarebbe stato un probabile vantaggio anche nella successiva ricostruzione». L’aspetto più preoccupante, però, è che, «qualora si dovesse successivamente accertare la necessità di procedere anche alla demolizione della carreggiata direzione Palermo, potrebbero verificarsi interferenze con la funzionalità della bretella (quella che dovrà essere pronta a dicembre per far riprendere la circolazione sulla A19, ndr), almeno per un limitato lasso di tempo».
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