A Valledolmo schiavi per 25 euro al giorno Carabinieri arrestano notaio per caporalato

Schiavi per 25 euro al giorno. Sfruttamento del lavoro, caporalato ed estorsione in concorso con un proprio collaboratore. Con queste accuse i carabinieri di Lercara Friddi hanno arrestato e posto ai domiciliari un notaio di Valledolmo, indagato in concorso con un altro collaboratore, quest’ultimo al momento indagato in stato di libertà. Il provvedimento restrittivo è stato emesso a seguito di un’indagine avviata dalla stazione di Valledolmo nel luglio 2018, e sviluppata dall’Aliquota operativa della compagnia carabinieri di Lercara Friddi sino a gennaio 2019, a seguito della notizia circa la presenza a Valledolmo ed altri Comuni limitrofi di alcuni operai agricoli sfruttati nel loro lavoro in campagna e costretti ad accettare, anche con minacce, retribuzioni molto inferiori di quelle previste (appena 25 euro giornalieri, rispetto ai 65 euro riportati solo formalmente nelle buste paghe).

Il notaio, gestore di un’azienda agricola formalmente intestata all’anziana madre con terreni sparsi in Valledolmo, Caltavuturo, Sclafani Bagni e Vallelunga Pratameno, secondo quanto accertato dagli investigatori avrebbe assunto manodopera per lavori nei campi sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento (con orari sino a 12/13 ore al giorno, senza maggiorazioni per il lavoro straordinario, notturno o festivo, ecc.) e, approfittando del loro stato di bisogno (derivante da scarsissime opportunità di lavoro nel territorio) riconosceva loro una paga giornaliera effettiva di soli 25 euro assolutamente sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato e, in ogni caso, molto al sotto degli standard della contrattazione collettiva vigente nel comparto agricolo. 

Inoltre, avrebbe istruito i propri dipendenti, consegnando ad ognuno un foglio di carta, che rappresentava una sorta di vademecum, dove venivano riportate le notizie da fornire in caso di controlli ispettivi da parte degli organi di vigilanza. Secondo i militari, infine, l’arrestato avrebbe costretto i lavoratori, dietro minaccia del licenziamento, a restituire in contanti parte delle somme loro corrisposte con gli assegni mensili, solo formalmente rispondenti alle previste buste paga, facendoli persino accompagnare in banca dal suo collaboratore per incassare gli assegni e subito restituire le somme pretese.


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