A Termini la Blutec riaccende la speranza «Molti di noi sono emigrati, serve lavoro»

«Sarebbe una splendida notizia se dopo tanti anni di annunci e delusioni gli stabilimenti riaprissero. Si dice che la speranza sia l’ultima a morire ma, dopo un po’, muore anche quella». Tanta la rassegnazione che traspare dalle testimonianze raccolte stamane tra le vie di Termini Imerese, il piccolo centro nel Palermitano. La notizia della riapertura dei cancelli degli stabilimenti ex Fiat, che ora produrranno sotto l’insegna Blutec, sembra non sia in grado di scalfire il pessimismo dei residenti che da oltre quattro anni fanno i conti con una crisi soffocante, tra chi chiude e abbandona la città in cerca di fortuna e chi rimane e stringe i denti. Come Salvatore, 24 anni, che gestisce la cartoleria della madre nella via principale del Paese, in corso Umberto e Margherita: «Ottimista? Sicuramente la riapertura della fabbrica è una buona notizia e forse riuscirà a rilanciare l’economia. Ma in questi anni tanti negozi non ci sono più, per le vie è un cimitero di saracinesche chiuse. Staremo a vedere». 

Giuseppe, sulla sessantina, ormai ex operaio Fiat in attesa della pensione nel 2019, agli annunci non crede più e  vuole veder ripartire la produzione di autovetture: «Oggi sono tornati in fabbrica alcuni operai – dice – ma se non parte il piano B, quello delle auto ibride, sarà tutto un bluff. E io ormai non credo più ai miracoli». C’é chi, invece, ci crede ancora, come Fabio, 26 anni, che ha aperto un negozio di strumenti musicali da poco più di un anno: «L’alternativa – dice con amarezza – è rimanere a casa senza far nulla. Personalmente ho visto chiudere tantissimi negozi: un amico di famiglia si è trasferito in Germania e si trova bene. Le persone che prima lavoracano in Fiat a spasso sono tante e molti abbandonano la città». Gli affitti, sottolinea, fotografano questa realtà, ormai «crollati ai minimi storici: quelli che rimangono sopravvivono grazie all’aiuto dei parenti e dei genitori anziani. Sarebbe meraviglioso se la fabbrica ricominciasse a produrre auto – aggiunge – ma anche la speranza ormai scarseggia».

Più ottimista Annarita, sulla quarantina, sposata e con due figli di 7 e 15 anni, anche lei alle prese con la cassa integrazione ma per un’altra vicenda che riguarda il Grande hotel delle Terme di Termini, chiuso da oltre un anno per ristrutturazione e che ha avviato le procedure di mobilità per una ventina di dipendenti: «I fratelli di mio marito sono adati via, chi a Trieste chi a Brescia e lì hanno trovato lavoro. Ma io sono fiduciosa: sia per me sia per i lavoratori Fiat. Una speranza per Termini? Sì, solo se riparte il lavoro…” Qualcuno, infine, ironizza sugli effetti della crisi che ha svuotato vie e piazze: «Ogni tanto – racconta Nicola, cassiere da 15 anni in un piccolo centro commerciale nel cuore della città – un cliente entrando on tono scherzoso afferma che ci sono più persone nel negozio che fuori. Un’esagerazione – dice ridendo e strizzando gli occhi azzurri – ma in parte è vero. Non saprei dire quanto sia dovuto alla crisi e quanto alla fuga della Fiat. Gli effetti – conclude – si sentono e si vedono. Io, comunque, sono fiducioso ma sono un ottimista per natura».


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