A sostegno di Uwe arriva dalla Farm Andrea Bartoli «Caro Orlando, si impegni a trovare un’alternativa»

«Gentilissimo sindaco di Palermo, mi chiamo Andrea Bartoli, svolgo la professione di notaio e insieme a mia moglie Florinda nel 2010 ho fondato Farm Cultural Park, un centro culturale indipendente a Favara». Si presenta così il creatore di Farm, il celebre parco turistico culturale creato a Favara, in una lettera aperta destinata a Leoluca Orlando. Bartoli ha più volte detto che non vuole replicare il modello di Farm, né a Palermo né altrove. E allora perché arriva nel capoluogo siciliano? Lo spiega lui stesso, dopo essersi complimentato con Orlando perché «ho avuto la possibilità di ascoltarla pubblicamente diverse volte e rimanere affascinato, apprezzare e condividere le sue posizioni su tantissimi temi».

Eppure il motivo della missiva è un altro. E ha un nome e un cognome. «Mi permetto di scriverle questa lettera pubblica perché spero che la sua sensibilità possa evitare alla città di Palermo di commettere uno storico grave atto di irriconoscenza e di mancanza di rispetto nei confronti di due suoi cittadini “speciali”, una coppia di artisti, Uwe e Costanza, che in regime di sussidiarietà, per quasi vent’anni hanno lavorato a Palermo e per Palermo».

Una stima che Bartoli – che negli anni è diventato uno dei più noti curatori d’arte (decine e decine gli artisti, sconosciuti prima del suo intervento, a cui ha permesso mostre nelle più celebri gallerie mondiali)  – esprime in termini decisi e incondizionati. «Uwe e Costanza sono in assoluto i più straordinari artisti con i quali io abbia mai avuto a che fare. Non importa che le poche straordinarie opere di Uwe non abbiano grandi quotazioni; non importa che il mio amico e bravissimo gallerista Francesco Pantaleone li abbia in antipatia, non importa che i curatori di Manifesta non si siano accorti o non si siano voluti accorgere del valore del loro lavoro. Lo so, perché lo sento, perché conosco il valore dell’arte, perché sono in tanti a pensarla come me e perché in fondo lo sanno anche quelli che provano a disprezzarne il valore, che il loro lavoro è uno dei più preziosi contributi alla storia dell’arte della città di Palermo».

Il notaio riconosce ai due il ruolo sociale della loro arte, afferma che «hanno generato bellezza e armonia, laddove c’era solo rovina e abbandono. Hanno cresciuto generazioni di bambini, impegnati tutti i giorni, con il sole cocente e con la pioggia, ad aiutare Uwe a sistemare le installazioni, a decorare la fontana, a disegnare accanto a Costanza a due passi dal Bancomat. Hanno attratto e intrattenuto milioni di turisti, generando piccole economie per le piccole attività commerciali della Vucciria. Hanno raccontato e promosso Palermo, la sua città caro sindaco; l’hanno portata attraverso giornali e documentari internazionali in tutto il mondo».

Poi il monito, insieme alla proposta che non mancherà di suscitare polemiche. «Non si caccia via nessuno senza trovare una soluzione alternativa – sostiene Bartoli -. Tanto meno si caccia via chi ha donato a quella città amore, armonia, bellezza, educazione, attenzione alle persone, voglia di riscatto, occasioni di racconto, possibilità di piccole economie informali in una città bellissima ma ovviamente con un milione di difficoltà delle quali non sempre è facile o possibile prendersi cura in via istituzionale. Si impegni, caro sindaco, a proporre ad Uwe e Costanza un’alternativa che possa consentire loro di continuare a fare il lavoro che hanno fatto in questi vent’anni».

In questi giorni tra l’altro l’ideatore di Farm è proprio in città, «accanto Uwe e Costanza», e la lettera a Orlando si chiude con un invito: «Qualora lo ritenga opportuno, sono a sua completa disposizione per trovare una soluzione “giusta” nel rispetto di due “palermitani eccellenti” e nell’interesse della città di Palermo». Pare che finora dall’amministrazione comunale non siano giunte risposte. A sollecitare ulteriormente l’interesse di Bartoli, che vanta una lunga amicizia con Uwe e Costanza, è stato anche il documentario del giovane videomaker Davide Lo Bue. Appena 20enne, lo studente dell’Accademia delle belle arti ha realizzato un lavoro – intitolato War on art – che segue, a partire dalle ultime vicende di palazzo Mazzarino, il lavoro di Uwe a piazza Garraffello.

Nel documentario il 47enne Uwe Jaentsch racconta di aver imparato l’italiano dalla gente del quartiere, che «mi hanno insegnato la lingua e sono persone che magari non sanno scrivere e leggere». L’artista, che la gente chiama a seconda Uwe, Juve, Uva, Joseph, Giuseppe, afferma poi che «io non sono venuto per cambiare la gente o la piazza, io non ho questo ruolo, non sono il giustiziere della gente. O fai l’arte dentro la realtà o separato dalla realtà. Io ho scelto di fare arte popolare». 


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