A lezione con Sposini

“Sono qui per sconsigliarvi questo lavoro”. Esordisce con queste parole Lamberto Sposini, giornalista affermato, condirettore del telegiornale di punta di Mediaset chiamato a chiudere il quarto corso di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico tenuto dalla facoltà di Scienze politiche.
Dopo i saluti di rito delle autorità presenti la parola passa al conduttore che per quasi tre ore si sottopone alle incessanti domande e curiosità dei corsisti. E lo fa senza giri di parole, in maniera spontanea e concisa (sarà forse per una forma di deformazione professionale).

Prima di concedersi alle domande dei ragazzi chiarisce il perché della sua affermazione di apertura: “C’è ancora una retorica del giornalista, ma ormai non fa più parte della realtà. E’ un lavoro di tipo impiegatizio, ma che ha aumentato le responsabilità di chi lo fa. E’ un lavoro di tipo tecnico ma è sempre più importante per la comunicazione. Oggi il giornalista nel 90 per cento dei casi è un impiegato che riscrive quello che gli arriva dalle agenzie ed è anche pagato maluccio per farlo”.

La parola passa ai corsisti che approfittano dell’esperienza del giornalista del Tg 5 per soddisfare le proprie curiosità e chiedere pareri.
La prima domanda riguarda le regole che si seguono nella messa in onda di scene forti, come quelle della tragedia di Beslan. “Ci regoliamo di volta in volta. Non c’è una regola, ci guida la nostra coscienza”. Si passa poi alla scaletta che è “l’anima di un giornale. Oggi non ce n’è una fissa perché si ha una contaminazione tra i generi. La violenza negli stadi cos’è? Cronaca o sport?”

Si arriva a un argomento che ha suscitato molte perplessità, ossia l’allontanamento di Enrico Mentana dalla direzione del telegiornale. “Per me è stato un trauma perché siamo amici e avevamo una grande sintonia anche sul lavoro (…) quindi potete immaginare il grande sconcerto e la meraviglia e poi anche la forma di dolore ,se vogliamo. Era stata un operazione politica, come si sa, io ho cercato un po’ di ammortizzarla. Io per qualche mese ho deciso di farmi un po’ da parte per vedere quello che succedeva e ho visto però che il diavolo era meno brutto di come lo si dipingeva e alla fine il prodotto che facciamo rispetto alla gestione Mentana non è un prodotto da buttare. Probabilmente il Tg che facevamo prima era anche migliore, però si giunge anche a degli accordi, a delle forme di collaborazione”.
Dopo Mentana, un argomento simile e molto attuale è il caso Giorgino. “Lui se l’è un po’ cercata. Diciamo che a lui fa comodo in questo momento passare per trasversale. E’ un incidente di percorso che quantomeno gli fa comodo. La seconda volta sono andato via dalla Rai per cose del genere. Da giornalista mi sento più libero a Mediaset che in Rai; qui lavoro meglio. Quello che è accaduto non mi meraviglia.”

Un altro tema interessante è quello dell’eticità del giornalista. “Biagi (con il quale ha collaborato per diverso tempo) mi ha sempre detto che i codici e i regolamenti non contano nulla. Conta quello che hai dentro. L’importante è essere in pace con la propria coscienza.”
Nel paragone tra Rai e Mediaset “il nostro tg è molto più elastico, fresco, agile. Il Tg 1 è in questa fase un brutto telegiornale. Da noi si parla di un fatto solo se fa notizia. Se la Rai fa i telegiornali così è per il condizionamento politico.”
Il panorama dell’informazione in Sicilia non è molto conosciuto da Sposini, anche se è una regione che conosce abbastanza per motivi di lavoro. “So che i giornalisti siciliani sono i migliori. Fare il giornalista in Sicilia è un’altra cosa; si può rimanere qui dall’inizio alla fine della carriera, non c’è bisogno di andarsene.”
L’ultima domanda riguarda la possibilità di accettare la nomina di direttore di rete qualora gli fosse offerta. “Dipende dall’azienda. In Rai no. Mi piacerebbe occuparmi di satellite e digitale terrestre”.


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