I volontari alpini di Belluno sono a Gangi, dove si sono ritrovati a dover fronteggiare insieme agli operatori locali uno dei peggiori roghi degli ultimi anni. «Centinaia di ettari che sono andati a fuoco. È stato come uno tsunami, un terremoto»
Incendi, volontari dal Veneto per aiutare le Madonie Gli alpini: «A soccombere è sempre la povera gente»
«Ho una certa età e una certa esperienza, perché ho fatto per 28 anni il forestale in questo settore, ma un incendio così grande non l’avevo mai visto in vita mia». Parole di Bepi Poletti, volontario dell’Associazione nazionale alpini di Belluno, arrivato dal Veneto insieme alla sua squadra per aiutare ad affrontare gli incendi che in questi giorni stanno devastando le Madonie. «A nord in questo periodo dell’anno normalmente non ci sono particolari emergenze legate agli incendi boschivi – dice a MeridioNews – quindi siamo a disposizione. Non è una cosa rara, siamo stati in Liguria, Abruzzo, diversi anni in Puglia e adesso siamo a Gangi.
E nel Comune madonita i volontari alpini si sono trovati a dover fronteggiare uno dei roghi più impressionanti che il parco delle Madonie abbia registrato nella sua storia. «Tutto il territorio a Nord-Est del paese è stato colpito da un grossissimo incendio – prosegue – Siamo qui ad aiutare i volontari e le forze operanti per fare sì che non ci siano ripartenze e non venga distrutta la parte a Sud, Sud-Ovest. Vorrei farvi vedere quello che sto vedendo io: centinaia di ettari che sono andati a fuoco. È stato come uno tsunami, un terremoto». Uno scenario apocalittico, in cui i volontari veneti hanno lavorato fianco a fianco con gli operatori siciliani e i volontari del posto, ma quello che hanno potuto fare è stato solo cercare di limitare i danni. «Noi ci mettiamo a disposizione del modello organizzativo siciliano in raddoppio o rafforzo delle forze locali. Come catena di ingresso all’incendio partecipiamo sempre in parallelo ai volontari del luogo, anche perché conoscono il territorio e noi per forza di cose no. Ma in questo modo, se loro hanno forza uno, insieme abbiamo forza due, anche se con incendi di questo tipo e in queste condizioni non c’è bravura e numero di operatori che tenga».
Pochi dubbi sulle responsabilità del rogo, ma per Poletti ci sono anche altri importanti fattori. «L’idea che mi sono fatto è sempre la solita – spiega – ogni incendio che diventa così grande è comunque stato un piccolo incendio. Se non siamo in grado di controllare piccoli incendi i motivi ci sono: degrado ambientale, boschi non mantenuti, condizioni meteo, fanno sì che un focolaio aggredibile non diventi più controllabile». E sulla possibilità che dietro tutto ci sia la mano dell’uomo: «In una forma di colpa più o meno grave c’entra sempre la mano dell’uomo. È sempre un uomo che sbaglia: perché brucia delle stoppie, perché vuole pulire il territorio o che sbaglia perché vuole sbagliare».
Della Sicilia Poletti porterà con sé un ricordo agrodolce. «Abbiamo trovato un’ospitalità fenomenale – conclude – non ci manca niente e speriamo di essere stati utili. Devo essere però sincero, mi porto tanta amarezza, perché da quello che ho visto a soccombere è sempre la povera gente, quella che ha lavorato una vita per mettere su una fattoria. E se le cose non cambiano in maniera radicale penso che sarà sempre così».