La formazione di Filippi, in assoluto controllo nei primi venti minuti, avrebbe potuto cavalcare l'onda del successo a Catania e invece ha steccato un altro appuntamento importante della stagione. Buio nella ripresa con tre gol al passivo. Inutile, ai fini del risultato, la doppietta di Luperini
Il Palermo spreca tutto il patrimonio post-derby Poker della Juve Stabia, passo indietro dei rosa
Siamo punto e a capo. Come Penelope, nell’Odissea, che la notte disfaceva la tela che creava durante il giorno. A differenza della moglie di Ulisse, tuttavia, nel caso del Palermo non si tratta di strategia ma di un processo diabolico in base al quale la squadra, ancora prigioniera dei propri errori e dei propri difetti strutturali, nel momento in cui arriva ad un certo punto continua a bloccarsi e a fare dei passi indietro. E’ successo un’altra volta, in questo caso dopo il derby vinto a Catania. I rosanero avrebbero potuto cavalcare l’onda dell’entusiasmo alimentata dal successo ottenuto allo stadio Massimino e invece hanno steccato il match casalingo contro la Juve Stabia perdendo con il punteggio di 4-2. Un ko numericamente pesante, difficilmente immaginabile peraltro prendendo in esame i primi venti minuti di una partita che i padroni di casa, in vantaggio al 6′ grazie ad un gol di Luperini (a segno anche all’83’ con un tap-in) abile a sfruttare in pressing una clamorosa sbavatura in disimpegno di Berardocco, stavano dominando sul piano del gioco. Creando diverse occasioni ed esprimendosi con la mente libera sulla scia della positività prodotta dall’affermazione a Catania.
E invece dopo il gol dell’1-1 realizzato al 27’ da Berardocco che ha riscattato l’errore commesso in precedenza con un sinistro da fuori area su cui si è fatto trovare impreparato il portiere Pelagotti il quale, pur non avendo grosse responsabilità sulle quattro reti incassate non è sembrato in generale particolarmente reattivo, il Palermo ha perso sicurezza – complice il fatto di non avere sfruttato l’inerzia favorevole del primo segmento dell’incontro – e come avvenuto in altre circostanze ha mostrato il suo profilo peggiore. Quello di squadra vulnerabile, condizionata dalla ripetitività di errori individuali (da matita blu quello commesso al 26′ del secondo tempo da Palazzi, confermato nel ruolo di centrale difensivo pur essendo un centrocampista, in occasione del momentaneo 1-4) e anche di reparto, e molto fragile dal punto di vista psicologico. Preoccupanti, in questo contesto, i segnali provenienti da una ripresa durante la quale i rosanero sono andati in tilt incassando tre reti (a segno Fantacci, al rientro dopo avere scontato un turno di squalifica, e Marotta autore di una doppietta) dovute a disattenzioni e gravi lacune nell’applicazione della fase di non possesso amplificate, oltretutto, dalla consapevolezza di avere di fronte un avversario pericoloso soprattutto nelle ripartenze. Gli sviluppi dello scontro diretto perso al Barbera contro la formazione guidata da Padalino rappresentano la fotografia del Palermo di questa stagione: una squadra che, procedendo all’insegna del ‘vorrei ma non posso’ non ha mai dato garanzie di affidabilità e che finora ha sempre fallito gli appuntamenti che avrebbero potuto far scattare le molle necessarie per compiere un salto di qualità in chiave playoff.
Difficile, analizzando il match, non tenere conto di una direzione arbitrale assolutamente inadeguata e condita da decisioni che hanno lasciato il segno come il fallo a centrocampo ai danni di Luperini non ravvisato in occasione dell’azione culminata poi con la rete del 2-1 e l’interpretazione errata di molte situazioni (falli non fischiati, metro poco coerente) per non parlare della severa espulsione di Lucca nel finale reo di avere pronunciato qualche parola di troppo nel momento in cui ha giustamente protestato per una plateale trattenuta da parte di un avversario ‘incollatosi’ alla sua maglia ma, fatta questa premessa, bisogna ammettere che i rosa non hanno perso per colpa del direttore di gara. Al di là delle sviste arbitrali, innegabili, la seconda sconfitta interna di fila è figlia di debolezze accentuate da dinamiche rivedibili sul piano tattico (Filippi ha confermato inizialmente il 3-4-2-1 sulla falsariga del derby ma anche questo modulo, poi trasformato in un 4-3-3 con il triplo cambio avvenuto al 6’ del secondo tempo e che ha coinvolto pure Santana premiato prima della gara dal presidente Mirri con una targa per il record relativo alle marcature dalla A alla D con la maglia del Palermo e al quale è stato dedicato lo striscione Con noi dal paradiso all’inferno, adesso sei storia, Santana capitano eterno esposto in Curva Nord Superiore, risulta particolarmente rischioso se saltano determinati meccanismi) e frutto, in generale, della condizione di perenne disagio patita da un gruppo ancora alla ricerca di un equilibrio dopo ventinove giornate di campionato e in possesso di una bussola che continua a funzionare ad intermittenza.