Simone Tumminelli ha 23 anni ed è uno dei giovani imprenditori che hanno ottenuto dalla Regione la possibilità di fare impresa su terreni pubblici. Oltre 400 gli ettari concessi. A MeridioNews parlano anche Lucio Di Marco e Antonio Giuseppe Buttaccio Tardio
Le storie di chi si prenderà cura dei terreni regionali «Proverò a creare un allevamento di cane Cirneco»
Sole, mare e, soprattutto, terra. Questa è la Sicilia, ricca di terreni abbandonati recuperati dalla Regione Sicilinana, che ha assegnato con bando pubblico i primi 430 ettari tra le province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Siracusa. A prenderli in carico sono imprenditori di età inferiore a 41 anni, interessati a coltivare prodotti legati alla storia dei territori. Parola d’ordine: riqualificare. A Meridionews si raccontano tre imprenditori, tra chi è alla prima esperienza e chi conosce già le difficoltà del settore.
Un‘azienda agricola ereditata dal padre nel comune di Assoro, in provincia di Enna. Nasce da qui la passione per la terra di Lucio Di Marco e della moglie Ivana Crimi Stigliolo, coltivatori di cereali e allevatori di mucche limousine da selezione, torelli, torelle e fattrici. Grazie alle loro conoscenze hanno potuto presentare alla Regione un progetto per ottenere un pezzo di terra a Piazza Armerina, a pochi chilometri dalla loro azienda. «Il contratto è stato stipulato – spiega Di Marco – e siamo in attesa della registrazione, ma ci troviamo già in possesso del nostro lotto. L’idea che abbiamo è di valorizzare razze particolari come la bovina modicana e l’ape nera di Sicilia, destinando una piccola parte del terreno alla semina di grani antichi, come la tuminia, e alle foraggere, alternandoli annualmente con lenticchia nera di Leonforte e cece nero».
Colture nostrane, destinate anche a migliorare e modificare i sapori a tavola, puntando ad un’agricoltura moderna. «Il settore agricolo è stato trascurato sino ad oggi – prosegue l’imprenditore – Fino a poco tempo fa dovevamo arrangiarci da soli. Oggi ci sono tanti giovani con la mentalità e le idee giuste. La terra è la base da cui inizia tutto, ma bisogna investire anche nelle fasi successive, in particolare nell’inserimento del prodotto nel mercato». Il riferimento è alla concorrenza delle grandi imprese, che spesso impongono prezzi al ribasso, facendo leva sulla disponibilità dell’uno o dell’altro agricoltore a vendere anche a condizioni svantaggiose, pur di sopravvivere. «Spesso noi imprenditori agricoli non siamo uniti a usfficienza, dovendo sempre lottare per non soccombere alle leggi del mercato», aggiunge Di Marco.
Nonostante le difficoltà, c’è chi non nasconde il proprio entusiasmo. Come nel caso di Antonio Giuseppe Buttaccio Tardio, anche lui assegnatario di un lotto di terra di circa 37 ettari, anche in questo caso a Piazza Armerina. «La ritengo una grande occasione per far nascere nuove aziende o espandere quelle esistenti: tanti terreni abbandonati verranno rivalutat», afferma. Le condizioni di partenza spesso non sono le migliori. «Dobbiamo ripulirlo a nostre spese, per poterci poi coltivare grani antichi come timilia, russello, bidì, Senatore Cappelli e leguminose, come il cece nero – racconta l’imprenditore – Sono queste le varietà giuste per questa terra, ma troverà posto anche la lavanda. Inoltre, ho intenzione di alleverare l’ape nera e le vacche modicane: preziosa razza in via di estinzione».
Se la terra è concessa gratuitamente, i costi restano tutti a carico degli imprenditori che sperano di trarne una fonte di reddito. Dalle recinzioni, alla pulitura e alla semina sono tante le opera da realizzare, prima però si attende la registrazione del contratto di cessione. Simone Tumminelli ha 23 anni ed è un neolaureato in Scienze Agrarie. Gli è stato assegnato un lotto di circa 12 ettari a Barrafranca. «Si tratta di un terreno in pendenza – spiega – Non può essere coltivato interamente proprio per la difficoltà dei mezzi a raggiungerlo. Per questo le mie intenzioni sono due: dove è possibile, coltivare colture siciliane soprattutto arboree; nella parte restante allevare la razza canina Cirneco dell’Etna. Le zone non produttive verranno rimboschite, soprattutto quelle con troppa pendenza, per farle riempire da fauna selvatica, come il coniglio selvaggio, preferito dal Cirneco. Voglio anche creare delle aree naturali per rendere possibili le prove zootecniche di valutazione dei cani organizzate dall’Enci (l’ente nazionale cinofilia italiana, ndr)». La speranza di riuscire a condurre in porto il progetto si accompagna alla consapevolezza di dove lavorare sodo. «Mi sento contento ma so bene che non sarà un’impresa facile, ci vorrà impegno ma anche – conclude il giovane imprenditore – un pizzico di fortuna».