A novembre, grazie agli appelli pubblici, centinaia di persone si erano fatte avanti. Non tutti però, nonostante abbiano contratto il virus, sono arruolabili fino alla fine. Il punto del direttore del servizio di Immunoematologia e medicina trasfusionale Nunzio Sciacca
Covid-19 e plasma iperimmune. «Le donazioni proseguono» Lo snodo vaccino e l’attesa per i risultati del trial Tsunami
A inizio novembre gli appelli correvano veloci tramite i post pubblicati su Facebook e le catene inviate tramite le chat di WhatsApp: «Si cercano donatori, recatevi all’ospedale Garibaldi di Catania». Obiettivo trovare quante più persone possibili, che avessero già contratto e superato il Covid-19, disponibili a donare il loro plasma, cioè quella parte fluida del sangue di colore giallo chiaro. Passaggio successivo, dopo alcuni test specifici, trasferire la sostanza dei pazienti guariti a chi con il virus era ancora costretto a combattere. Trascorsi quasi due mesi, ricerca e donazioni non si sono fermate, anche perché non tutti gli ex malati sono arruolabili fino al traguardo finale. Fondamentale tra i requisiti, infatti, la presenza di un sufficiente numero di anticorpi necessari contro il Sars-Cov2 e la compatibilità con il paziente che deve riceverlo.
«Lavoriamo ancora sull’onda degli appelli di novembre (il caso era quello dell’avvocato Fabio Ferlito, 55 anni, poi deceduto, ndr). Sono arrivate tantissime richieste e tutte le persone sono state reclutate con delle turnazioni dedicate che stanno proseguendo», spiega a MeridioNews Nunzio Sciacca, direttore del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’ospedale Garibaldi. «Le telefonate continuano – prosegue – l’intensità è minore ma nei nostri congelatori c’è una buona disponibilità, non solo per i reparti dell’ospedale Garibaldi ma anche per le altre aziende che lo richiedono».
La terapia sperimentale con il plasma, seguendo l’andamento di questi mesi di pandemia, viene somministrata ma con diverse riserve. Nel senso che le evidenze di questo metodo, già usato in passato per altre malattie, non sono ancora solide. Nelle ultime settimane, alcuni studi pubblicati in Argentina e Inghilterra hanno anche messo in dubbio l’efficacia nel ridurre i decessi e l’avanzata del virus nei malati. In Italia a maggio è stato autorizzato uno studio comparativo, denominato Tsunami, per volere dell’Istituto superiore di Sanità e dall’Agenzia italiana del farmaco. La sperimentazione prevede il coinvolgimento di quasi 500 pazienti e l’attesa è tutta per i risultati che dovrebbero arrivare a breve.
«Dal vaccino stanno arrivando buone indicazioni – aggiunge Sciacca – C’è un Rna messaggero che ha il compito di entrare dentro le cellule e produrre gli anticorpi neutralizzanti diretti contro la proteina Spike del virus impedendo la diffusione dell’infezione. Così, ci si ricollega a quello che abbiamo tante volte ripetuto sul plasma iperimmune e la ricerca degli anticorpi neutralizzanti – spiega – cioè quelli identificati nei pazienti guariti che si sono dimostrati in grado di bloccare l’infezione. Il plasma, come previsto dai protocolli, deve essere somministrato entro i primi giorni dalla comparsa dei sintomi con i parametri respiratori appena intaccati».