Davanti alle vittime Giuseppe Celi avrebbe rivendicato i legami con Cosa nostra. Tra le sue frequentazioni anche alcuni esponenti della famiglia Strano. Gli interessi ammontavano al 120 per cento all'anno. L'arresto è avvenuto in un rifornimento di Misterbianco
I prestiti a usura all’ombra dei Santapaola a Monte Po Il messaggio alla vittima: «Favori? Non posso sgarrare»
«Non mi posso mettere sempre a fare favori. Quando dico una parola, mbare, io la mantengo. Se tu a me mi dissi nu iorno a essere chillo iorno». La notifica del messaggio – impastato di dialetto siciliano e napoletano – arriva due minuti dopo le 22 del 30 settembre 2019. Ad averlo inviato è Giuseppe Celi. L’uomo, 33 anni, è stato arrestato nei giorni scorsi dagli uomini del Gico della guardia di finanza, pochi istanti dopo avere ricevuto una banconota di cento euro da una delle sue vittime. Per gli investigatori, infatti, Celi avrebbe gestito prestiti a tassi usurai per conto della famiglia Santapola-Ercolano. Nello specifico il gruppo di Monte Po.
In mano alle Fiamme gialle ci sono le chat che Celi aveva con una delle vittime. Dialoghi che servono a ricostruire come l’uomo avrebbe legato a sé chi era a corto di denaro e bisognoso di liquidità. «Non posso sgarrare più», scrive in una circostanza il 33enne, come a volere ribadire che se dipendesse da lui sarebbe più paziente, ma deve dare retta anche a chi gli sta sopra. Quanto questo corrisponda a verità o si tratti di una strategia per richiamare la vittima alla puntualità nel pagamento delle rate non è chiaro. La vittima ha raccontato che più volte Celi avrebbe rivendicato l’appartenenza al gruppo di Monte Po, quartiere a cui è legato anche da affetti familiari. Certe invece le frequentazioni: dalle annotazioni delle forze dell’ordine risulta infatti che Celi sia stato sottoposto a controlli in compagnia di diversi pregiudicati della zona. Tra i quali spiccano anche alcuni membri della famiglia Strano, di recente arrestati nell’ambito di inchieste antimafia.
Gli investigatori sono convinti anche di un’altra cosa: Celi, che da alcuni giorni è rinchiuso in una cella del carcere di Bicocca, avrebbe gestito più di una vittima. A rafforzare questa tesi sono i quaderni trovati a casa della moglie: all’interno i militari hanno trovato una sfilza di nomi e accanto le cifre che, secondo la procura, rimanderebbero alle somme cedute alle vittime. Le regole erano chiare: ogni mese bisognava consegnare, a titolo di interesse, il dieci per cento di quanto ricevuto. Un impegno che si sarebbe interrotto soltanto quando la vittima sarebbe stata nelle condizioni di restituire, in un’unica soluzione, l’intero capitale, più un ulteriore dieci per cento. I prestiti, in sostanza, venivano concessi con un tasso del 120 per cento di interessi.
Le condizioni erano tali – a maggior ragione in questi mesi in cui il Covid-19 ha aggravato il contesto economico – che facevano sì che le vittime, non riuscendo a saldare il debito, finivano per chiedere ulteriori prestiti, venendo risucchiati in una spirale senza fine. Questo il motivo che ha portato una delle vittime a rivolgersi alle forze dell’ordine. «Sono qua. Dai che alle 3 devo essere al lavoro», è il messaggio che Celi una settimana fa ha scritto alla vittima. Il 33enne in quel momento si trovava nei pressi di un rifornimento di benzina a Misterbianco, il luogo stabilito per la consegna del denaro. Di lì a poco, oltre alla vittima, sarebbero arrivati anche i finanzieri.