Il ritrovo del gruppo finito indagato nell'inchiesta Consegna a domicilio era una villetta a Misterbianco. Il proprietario, Carmelo Russo, è ritenuto la figura apicale che avrebbe gestito modi, tempi e luoghi d'incontro e, soprattutto, i proventi dell'attività illecita
Cassa comune del gruppo Turazzo gestita dalla Piovra «Devo fare il cane per avere i soldi. Che comitiva è?»
Come ogni «comitiva» che si rispetti, anche il gruppo Turazzo aveva un ritrovo abituale. Una villetta in contrada Quartararo in località Poggio Lupo a Misterbianco. È la casa di Carmelo Russo, detto appunto Turazzo. Ex macellaio, fratello di Mario – noto esponente del clan dei Cursoti Milanesi – anche lui tra gli indagati dell’inchiesta Consegna a domicilio che ieri ha portato all’arresto di undici persone per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Una attività piuttosto frenetica che avrebbe avuto come base logistica proprio la villetta di Russo, considerato dagli inquirenti la «figura apicale intorno alla quale ruota il sodalizio criminale». È lì che Turazzo avrebbe ricevuto quotidianamente i suoi sodali e tutte le persone che, ognuna con il proprio ruolo, avrebbero orbitato intorno al fiorente traffico. A tradirlo sarebbe stata la sua abitudine di intrattenersi a dialogare davanti al cancello d’ingresso dell’abitazione, vicino al citofono esterno.
Il «patrozzo» Russo, nella sua posizione di vertice, oltre a organizzare modi, tempi e luoghi degli incontri, avrebbe gestito anche la cassa comune del gruppo (dove confluiscono i prodotti e da dove si prelevano i profitti) che sarebbe stata materialmente detenuta dai lentinesi Filadelfo Innao e Cirino Giannetto. Quelli che sarebbero stati i suoi più fidati collaboratori, in realtà, i panni sporchi li lavano «in comitiva» – come i sodali chiamano il loro gruppo – senza sapere però di essere intercettati. Come spesso accade, tutto va bene finché non si parla di soldi.
«È un amico di tutti. È da una vita che siamo insieme, 22 anni», dice Giannetto di Russo parlando con un uomo che si avvicina al loro giro di affari. Un rapporto duraturo messo in crisi dalla gestione del denaro. «Quello perde e quello guadagna, che comitiva è questa? Con questo materiale restiamo sempre a torna (in debito, ndr)». È il 21 giugno del 2016 quando Giannetto in macchina con una donna con cui ha una relazione, dopo essersi vantato della propria affidabilità a non dissipare i soldi, si lamenta dell’atteggiamento del suo patrozzo. Quello che proprio non riesce ad accettare è che Russo, da una parte, pretenda spiegazioni sulla gestione finanziaria della cassa comune ma, dall’altra, abbia dei comportamenti che ne mettono a rischio la salvaguardia. In particolare, le critiche riguardano la vendita di intere partite di stupefacenti a credito.
A creare dissenso è anche il metodo di divisione dei ricavi: a ciascun affiliato del gruppo Turazzo spetta un compenso diverso in base al tipo di droga. Non solo, questioni nascono anche per la modalità di ripartizione dei compensi e la puntualità con cui vengono elargiti. «Io devo fare sempre il cane per i soldi. Se mi bisognano 1.000 euro non me li posso prendere, lui vuole fare la Piovra». Nemmeno un mese dopo, a tornare sull’argomento è Filadelfo Innao, detto Delfo. In macchina con Giannetto critica la gestione di Russo che da «patrozzo» si è trasformato in «Piovra». Il punto è la particolare severità con cui Turazzo avrebbe concesso la disponibilità della cassa comune ai propri sodali, elargendo però ad altri non solo denaro ma anche droga senza pagamento alla consegna.