Terminati i festeggiamenti il comitato per la legalità fa il punto su candelore, ceri e candelore. Due di queste protagonista di una gara di resistenza in pescheria. «Si sono scusati per quel gesto», spiega Riccardo Tomasello
Sant’Agata e gli «inni all’illegalità» ancora irrisolti «Vogliamo capire cosa intendono fare le istituzioni»
Sei domande per capire quale potrebbe essere il futuro della festa di Sant’Agata. A porle, pochi giorni dopo la conclusione delle celebrazioni, sono i componenti del comitato per la legalità nei festeggiamenti della patrona di Catania. Sul tavolo non ci sono semplici quesiti, già inoltrati al sindaco Salvo Pogliese, al vescovo Salvatore Gristina e al prefetto Claudio Sammartino, ma veri e propri nodi irrisolti sulle modalità di svolgimento della festa. «Si tratta di alcuni inni alla illegalità», spiega Renato Camarda. Il riferimento, senza giri di parole, è a «torcioni, ambulanti abusivi e all’atteggiamento di alcune candelore».
«Abbiamo apprezzato l’ordine di determinati momenti, come quello della salita dei Cappuccini, ma i problemi principali rimangono», continua Camarda. Un capitolo specifico è proprio quello relativo ai cerei. Critiche per l’organizzazione di alcune feste davanti a due agenzie di scommesse in via Mulini a Vento e via Plebiscito, a marchio rispettivamente Scommettendo e GoldBet.
C’è poi la gara di resistenza in pescheria la mattina del 3 febbraio, giorno della tradizionale processione per l’offerta della cera. Protagonisti ortofrutticoli e pescivendoli. Per loro, come annunciato dal presidente del comitato dei festeggiamenti Riccardo Tomasello, dovrebbero arrivare delle pesanti sanzioni. «Forse la repressione – spiega proprio Tomasello – non è la soluzione migliore. C’è bisogno di un lungo lavoro, una sorta di battaglia culturale».
Una candelora, quella degli ortofrutticoli, dopo la competizione tra via Pardo e l’omonimo slargo nei pressi degli archi della marina, ha pure sfilato in piazza Duomo con un trofeo alzato verso il cielo. La coppa però non sarebbe legata al confronto con i pescivendoli ma, almeno stando alla versione del dirigente del cereo Orazio Cannavò, una sorta di premio per il congedo dei vertici dell’associazione che gestisce la candelora. In passato, a partire dal 2013, non sono mancati i momenti controversi che hanno coinvolto proprio la candelora dei fruttivendoli. Da una scazzottata in pescheria alla sosta fuori percorso, nel 2015, nei pressi dell’abitazione del capomafia Massimiliano Salvo. «Ieri ho ricevuto una nota da parte dei due cerei – svela Tomasello, tenendo in mano un foglio di carta – Hanno chiesto scusa indicando di non essersi resi conto della gravità del loro atteggiamento. Promettendo che non avverranno più momenti del genere. Per noi questo è un segnale di cambiamento, si sono assunti la responsabilità».
«Dal nostro punto di vista un atteggiamento remissivo rende inutile ogni ordinanza che, puntualmente, non viene fatta rispettare – continua Camarda – Ecco perché chiediamo a vescovo, prefetto e sindaco di fornirci la loro versione sulla festa. Vogliamo capire cosa intendono fare per il futuro, rispetto a questi inni alla illegalità». Camarda, affiancato dalla vicepresidente della fondazione Fava Resi Ciancio, dal professore di Unict Nunzio Famoso e da Marco Gurrieri di Manitese, elenca i rallentamenti che i torcioni accesi impongono al fercolo di Sant’Agata durante la processione del giro interno. In sala, all’interno del teatro Machiavelli, ad ascoltare ci sono anche monsignor Barbaro Scionti e il maestro del fercolo Claudio Consoli. «Gli abusivi che fanno da tappo, insieme alle torce, sono aumentati», sottolinea Consoli. Il riferimento va «a chi vende cera ma anche a chi trasporta le vasche con le bevande o i carrelli della spesa con le macchinette per fare il caffè».
Le sei domande:
– È giusto che le ordinanze del Comune non siano fatte rispettare dalle forze dell’ordine?
– I torcioni accesi rappresentano o no una minaccia all’incolumità delle persone?
– È giusto che i cittadini debbano non solo sopportare l’attività illegale e pericolosa dei torcioni accesi, ma che debbano anche pagare ingenti somme per la segatura e le pulizie dopo la festa, aggiungendo al danno la beffa?
– È giusto che i torcioni continuino a controllare, come è evidente, la velocità di percorrenza della processione, bloccando a loro piacimento l’andamento del fercolo?
– È giusto che ogni anno la Santa rientri in cattedrale sempre più tardi, estendendo di fatto la festa fin quasi al pomeriggio del 6, bloccando una buona parte del centro storico, con evidente danno alla produttività della città?
– È giusto che ogni anno nessuno si occupi di portare ordine nel soffocante disordine causato dai venditori ambulanti abusivi, che regolarmente ostruiscono e ritardano il cammino della processione?