È nata ufficialmente la rete che unisce diverse associazioni catanesi con lo scopo di cancellare ogni genere di violenza sessista. Tante le iniziative in programma in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre. Ma il nuovo gruppo non aderirà a quelle organizzate dal Comune. «Perché non ci sembra un'amministrazione che tutela le donne», spiega la portavoce
La Ragna-tela, uniti in rete per le donne Contro la violenza insieme agli uomini
Si riuniscono con regolarità da quasi un anno per parlare della condizione della donna a Catania e darle voce. E per risolvere i problemi della città stessa grazie al contributo femminile. Sono le donne, e non solo, di alcune associazioni cittadine che operano nel campo dell’assistenza contro la violenza di genere, come Thamaia, Galatea e Penelope, ma anche in altri campi del sociale, come l’Arci, il Centro Astalli e Cittàinsieme. Che da ieri si sono unite ufficialmente per creare la Ragna-tela, una rete catanese fatta di donne e di uomini per la cancellazione di ogni violenza sessista.
«Le uccisioni di donne da parte di uomini sono l’aspetto più grave della questione, ma la violenza sessista ha anche altri aspetti, con uno spettro di violazioni che va dalla violenza psicologica a quella coercitiva ed economica», spiega Anna Di Salvo, insegnante di Storia dell’arte e responsabile dell’associazione La città felice, che da 20 anni opera sul territorio occupandosi di tematiche femminili e cittadine. E attorno alla quale si è sviluppata una rete che opera da diversi anni scambiandosi le competenze. Ne fanno parte anche Amnesty International, l’Udi, il Gapa, Libera, la Lila, l’Associazione antimafie Rita Atria e Donne della Cgil. Alcune di queste associazioni offrono servizi alle donne, come centri ascolto, case rifugio e assistenza legale e psicologica, altre contribuiscono con attività culturali, di informazione e sensibilizzazione. «Per fare in modo che la violenza sulle donne non sia vista come un dato scontato, una norma, come se le donne siano predestinate a subire – spiega la professoressa Di Salvo – La rete, inoltre, vuole affrontare aspetti della città che per mal governo e cattiva cultura nuocciono alle donne».
Ma per farlo c’è bisogno anche degli uomini. «Di un maschile che si mette in discussione per rompere uno stereotipo che negli anni ha avuto conseguenze nefaste», dice. Della rete, infatti, fanno parte anche loro. «Un aspetto innovativo e uno scatto di consapevolezza in più», lo definisce la prof. Al quale si aggiunge anche l’attenzione per il linguaggio. «Anziché parlare di donne uccise, mogli maltrattate si dovrebbe dire “uomini, mariti che uccidono donne”, mettendo l’accento sui carnefici – aggiunge la Di Salvo – Le donne, purtroppo, sono sotto le luci della ribalta perché vittime e non per le loro competenze. Ed è paradossale il fatto che, più la società si evolve e la donna avanza nell’ambito delle conoscenze, dello studio, della professionalità, più cresce la violenza nei suoi confronti». Come se venisse punita per le sue conquiste sociali, per la sua libertà.
Ma quante sono le donne vittime di violenza a Catania? Avere dati precisi non è facile. Secondo quelli forniti dall’associazione Thamaia, le donne che dall’inizio dell’anno si sono rivolte al loro centro antiviolenza sono 176. Il 60 per cento di loro ha tra i 36 ai 55 anni. E il 90 per cento sono italiane. Si tratta per la maggior parte di impiegate e il tipo di violenza subita è principalmente psicologica (39 per centro) e fisica (37 per cento). Poco più del tre per cento ha subito violenza sessuale. La paura e i problemi psicologici sono le prime conseguenze, seguite dalle conseguenze fisiche come ricoveri, aborti e danni permanenti, da idee e tentativi di suicidio e dall’isolamento sociale e familiare. Per quasi il 74 per cento dei casi il motivo scatenante è la divergenza di opinioni o un motivo futile e l’autore della violenza è spesso il marito (nel 58 per cento dei casi) o il convivente (nel 19 per cento dei casi). Seguono il fidanzato, l’ex marito e il figlio.
Per contrastare questo fenomeno la rete scenderà in campo con diverse iniziative: un corso di autodifesa per donne giovani e meno giovani, interventi nelle scuole, mostre, e perfino un percorso artistico da proporre alle scuole per studiare opere della città dalle quali emerge – oltre alla bellezza artistica – uno spirito misogino. «Per fare solo un esempio il famoso ratto di Proserpina, la statua che tutti vediamo passando davanti alla stazione centrale, veicola un contenuto che avalla e normalizza la violenza nei confronti delle donne», spiega la responsabile della Città felice. E poi pensano ad una serie di spettacoli, «non solo drammatici perché la violenza si può combattere anche attraverso l’ironia», aggiunge. E anche a una veglia notturna per le vie del centro «per ricordare le donne che non ci sono più, vittime della violenza degli uomini, come Stefania Noce».
In attesa della Giornata mondiale contro la violenza maschile alle donne del 25 novembre hanno organizzato il 22 novembre alle 20 nella sede del Gapa in via Cordai 47 un incontro con la scrittrice e attrice Beatrice Monroy, autrice del libro Niente ci fu, lavoro che ridà voce a Franca Viola, donna che per prima nel 1965 rifiutò il matrimonio riparatore dopo la fuitina e denunciò il suo rapitore. E una parata artistica il 23 novembre alle 20.30 in piazza Teatro Massimo dal titolo Il ritmo femminile.
La rete parteciperà anche alla manifestazione della Cgil sabato alle 10 in piazza Università. Ma non alle iniziative organizzate dal Comune, presentate in una conferenza dal sindaco Raffaele Stancanelli e dall’assessore alle Pari opportunità Carmencita Santagati. Il programma comunale prevede la messa in scena dello spettacolo teatrale Angela conta, tratto da un libro di Rose Galante intitolato Perché non lo lascio, che si terrà mercoledì 21 novembre alle 15.30 a palazzo Platamone, l’intervista alla scrittrice nel corso del pomeriggio, e il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un corteo che andrà da piazza Stesicoro a piazza Università. «Abbiamo scelto di non aderire perché non ci sembra un’amministrazione che tutela le donne – spiega la Di Salvo – Non vogliamo avallare un’amministrazione comunale che non ha dato prova di assennatezza e che lascia una città in dissesto finanziario, devastata e degradata. Noi donne – aggiunge – non possiamo più circolare liberamente. La città è insicura. E lo prova anche quanto successo a Laura Salafia, a cui vogliamo dedicare alcune delle nostre attività».
Intanto, durante la conferenza di presentazione, è stato distribuito il primo numero del giornalino della rete che contiene il suo manifesto e la presentazione delle associazioni che ne fanno parte. In progetto c’è anche di allargare i contatti con le forze dell’ordine e la magistratura «per fare in modo – afferma la Di Salvo – che le denunce per stalking non vengano prese alla leggera con il rischio che si tramutino in uccisioni, come purtroppo è avvenuto in passato». «Creeremo un blog e una mail specifica affinché le vittime possano rivolgersi a noi come rete», conclude fiduciosa la professoressa.
[Foto di chepetite]