Consegnata la perizia del portatile sul quale Emanuele Patanè, il dottorando morto nel 2003, scrisse il memoriale che diede il via alle indagini sulle morti sospette collegate alla facoltà di Farmacia di Catania. Secondo il tecnico, le cinque pagine di accuse precise e dettagliate furono scritte prima della scomparsa del giovane. «Al punto in cui ci troviamo, dovremmo essere in grado di dimostrare che l'ambiente era contaminato», spiega il legale delle famiglie delle vittime. Che chiedono tempi brevi per il processo per omicidio
Farmacia, continua il primo processo Conclusa la perizia sul memoriale di Patanè
«Con la presente descrivo un dannoso e ignobile smaltimento di rifiuti tossici e lutilizzo di sostanze e reattivi chimici potenzialmente tossici e nocivi in un edificio non idoneo a tale scopo e sprovvisto dei minimi requisiti di sicurezza». Inizia così il memoriale di Emanuele Patanè, il dottorando della facoltà di Farmacia morto per un tumore ai polmoni il 5 dicembre 2003. Grazie a quel prezioso documento è stato possibile avviare il processo in corso per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata, mentre per il procedimento per omicidio colposo plurimo aggravato si attende solo l’avviso di conclusione delle indagini. La perizia sul computer disposta dal Tribunale lo scorso 23 giugno ha stabilito che il giovane dottorando ha iniziato il 21 ottobre 2003 la stesura di quelle cinque pagine dense di accuse. L’ultima modifica del file – secondo l’esame del perito – è del 27 ottobre, qualche settimana prima della morte di Emanuele.
«E’ una testimonianza, oggi più che mai. Rende più reale e più vero quanto abbiamo detto quattro anni fa», afferma convinto l’avvocato Santi Terranova che consegnò il materiale al pubblico ministero Lucio Setola nel 2008. Il legale è convinto che anche solo attraverso il documento del dottorando e le testimonianze finora raccolte sarebbe possibile decretare l’inquinamento della struttura, tesi sostenuta anche grazie all’incidente probatorio già effettuato.
Il memoriale contiene un lucido resoconto delle condizioni nelle quali chi lavorava nei locali del dipartimento era costretto a operare. «Nel laboratorio non vi è un sistema di aspirazione e filtrazione idoneo, infatti si avvertivano sempre odori sgradevoli, tossici e molto fastidiosi, spesso eravamo costretti ad aprire le porte in modo da far ventilare lambiente – scriveva Emanuele – Nel laboratorio cerano due cappe di aspirazione antiquate che non aspiravano in modo sufficiente e adeguato. Quindi lavorare sotto le cappe di aspirazione era lo stesso che lavorare al di fuori di esse». Un lungo elenco di anomalie nella conservazione delle sostanze e nel loro smaltimento. E poi gli odori e quei persistenti mal di testa riscontrati anche da chi non faceva parte dell’Università, come i tecnici della It group, i primi a essere chiamati per stabilire le condizione di salubrità dell’edificio due della Cittadella.
L’elenco più inquietante, però, è quello delle persone ammalate di tumore o con gravi problemi di salute. Fino all’ottobre 2003 Patanè ne conta otto. Maria Concetta Sarvà, entrata in coma nel maggio 2002 mentre si trovava nello stesso dipartimento e morta pochi giorni dopo. Cristian Cutrini, dottorando di due anni più grande di Patanè al quale fu diagnosticato un tumore al polmone; stessa sorte toccata a uno studente di Chimica e tecnologia farmaceutica. Agata Annino, ammalatasi di tumore all’encefalo e morta poco tempo dopo. E poi Valeria Pittalà incinta al sesto mese di gravidanza che ha perso il bambino morto per mancata ossigenazione. Infine altri tre malati di tumore: Annamaria Panico (docente), Adele Gubernale (direttore della biblioteca) e Alfonso Russo (collaboratore amministrativo).
Voci che chiedono giustizia al più presto. «Al punto in cui ci troviamo, dovremmo essere in grado di dimostrare che l’ambiente era contaminato», sostiene ancora Santi Terranova. Quello che adesso le famiglie sollecitano «è la chiusura delle indagini del primo processo, quello più importante, per omicidio», spiega il legale. Un’esortazione, dunque, nei confronti del Pm affinché acceleri il passo sul procedimento considerato dai parenti delle vittime più importante, e faccia una scrematura dei testi da sentire – ne rimangono un centinaio – anche per evitare di incappare nella prescrizione che scatterà nel 2014. Sul cambio di sezione del presidente Ignazia Barbarino, l’avvocato Terranova non si mostra preoccupato. «Presiederà la seconda sezione penale, ma il presidente del tribunale l’ha assegnata a questo processo». Il fitto calendario di udienze è confermato, dunque, fino a dicembre. Quando – secondo alcune indiscrezioni – dovrebbero finalmente giungere delle novità dall’altro procedimento.