Ad appena tre settimane dalla sua approvazione, il recente inserimento del comune nella Zona economica speciale, atteso da due anni, senza il via libera dell'esecutivo potrebbe bloccarsi. L'appello di Giovì Monteleone: «Il Paese ha bisogno di essere governato»
Carini, dopo la crisi di Governo si teme per aree Zes Sindaco: «Provvedimento vitale, non si può fermare»
«Come sindaco sono molto preoccupato: con una crisi di governo sono tante le misure che possono rimanere inapplicate. Ma confido nello spirito di responsabilità della politica perché certi processi non si devono assolutamente fermare: per noi è un provvedimento vitale». Non nasconde la sua inquietudine il primo cittadino Giovì Monteleone. Dopo appena tre settimane dalla sua approvazione, la notizia del recente inserimento di Carini nella Zona economica speciale della Sicilia occidentale, attesa da quasi due anni, sembra destinata a un nuovo stop. La crisi di governo, formalizzata ieri in serata dal premier Giuseppe Conte che ha rimesso l’incarico nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha di fatto congelato l’azione dell’esecutivo giallo-verde a tempo indeterminato. E in una ridda di ipotesi sul futuro del Paese tutto passa in secondo piano, compresa l’attività degli uffici in stand by fino alla nascita di un nuovo esecutivo.
Dopo il via libera dal governo Musumeci alla proposta di istituzione delle due Zes, infatti, gli atti sono stati trasmessi a Roma al ministero per il Sud, in attesa del decreto da parte del governo nazionale. Ora, però, l’iter si è inceppato. Un peccato perché la Regione aveva finalmente accolto la proposta dell’amministrazione, presentata nel settembre del 2017, per l’inserimento nella Zes dell’area industriale e del nuovo Centro Rimed. Una grande opportunità di rilancio per il territorio e per le imprese: credito d’imposta, agevolazioni fiscali aggiuntive e sgravi per gli investimenti, sono solo alcuni dei benefici per i territori che ne fanno parte. Una boccata d’ossigeno che si aggiunge alla golosa chance rappresentata dal nuovo Centro per le biotecnologie e la ricerca biomedica a Carini.
Il consiglio di amministrazione della Fondazione Rimed, ai primi di luglio, ha deliberato l’affidamento dei lavori di costruzione dell’opera per un valore di circa 90 milioni di euro: la gara era stata indetta nel 2017 ed è stata conclusa lo scorso 3 giugno. L’associazione di imprese avrà il compito di realizzare, sul terreno messo a disposizione dalla Regione, un’opera in grado di attrarre e far sorgere imprese del settore. L’obiettivo, quindi, è il miglioramento delle infrastrutture e delle reti di servizio. Non a caso, nel corso di un recente incontro negli uffici dell’assessorato regionale per le Infrastrutture, il Comune ha illustrato una proposta di infrastrutture viarie a servizio dell’area Rimed per collegarla allo snodo autostradale, alla zona industriale, al centro storico del piccolo centro e alle stazioni metropolitane perché l’opera «non può rimanere una cattedrale nel deserto», come sottolinea Monteleone.
«L’obiettivo è di realizzare un anello stradale per agevolare lo sviluppo del territorio – ribadisce il primo cittadino – ma con i conti in dissesto, a stento riesco a soddisfare le esigenze del mio territorio. E ora mi toccherà prendere in carico anche la gestione dell’area industriale senza ulteriori risorse. Chi fa le leggi ha il dovere anche di accompagnarle con adeguati strumenti attuativi. L’Italia ha bisogno di essere governata e frequenti crisi politiche non fanno bene – aggiunge -, logico che poi si allunghino i tempi della burocrazia». Timori condivisi anche dai sindacati che, poco prima di Ferragosto, hanno chiesto un incontro al sindaco per fare il punto sulle azioni concrete da mettere in campo dopo il recente inserimento nella zona speciale.
«La questione è che le Zes di per sé, se lasciate da sole, funzionano fino a un certo punto – afferma Angela Biondi, segretario generale della Fiom di Palermo -. E Carini ha bisogno anche di una serie di infrastrutture che supportino le agevolazioni fiscali rivolte alle imprese per invogliarle a investire». Perché solo negli ultimi dieci anni almeno una ventina di aziende metalmeccaniche hanno chiusi i battenti, un processo che poteva essere invertito proprio grazie alle Zes. Ma è ovvio che una crisi di governo rimette in discussione quanto raggiunto fino ad oggi. «Bisognerà vedere cosa accadrà nelle prossime ore – avverte Biondi – al di là di qualunque scenario futuro, penso che il Mezzogiorno e la Sicilia debbano essere al primo punto dell’agenda politica di qualunque esecutivo. Perché hanno pagato un prezzo troppo alto e non si può andare avanti così» conclude.