Gattaca - La porta dell'universo, un film che molti ricorderanno: di fronte all' immagine di un futuro dove il codice genetico rappresenta l'inappellabile discrimine, è fin troppo comprensibile condividere un punto di vista altrimenti difficile da sostenere
L’attualità del cinema
Gattaca – La porta dell’universo. Un film di Andrew Niccol uscito otto anni fa che molti ricorderanno. Di fronte all’ immagine di un futuro dove il codice genetico rappresenta l’inappellabile discrimine che segna il destino di tutti come individui validi o non validi, è fin troppo comprensibile condividere un punto di vista altrimenti difficile da sostenere.
La pellicola di Niccol mostra come la diagnosi fetale possa determinare la sorte di ogni embrione. E non è senz’altro la sola che dipinga un quadro tanto fosco, particolarmente quando descrive l’avvento di un sistema che potrebbe un giorno controllare ogni aspetto della nostra esistenza. Ma il film che vede contrapposti Ethan Hawke e Jude Law sa essere toccante. E’improbabile che lo spettatore cinematografico abbia tratto una conclusione del genere. C’era un montaggio che non lo consentiva. Ma noleggiando il DVD di Gattaca, è possibile scoprire, fra le scene tagliate, un finale alternativo, probabilmente rifiutato dal producer, e che decisamente invita ad una seria riflessione. “Non esiste un gene per lo spirito umano”. E’ con queste parole che si apre quella che avrebbe potuto essere la sequenza finale del film, con alcuni shots dei nomi della storia che non sarebbero mai stati se il DNA avesse fatto la differenza (John Fitzgerald Kennedy aveva il morbo di Addison N.d.R.).
In questi giorni, a poche settimane dai quattro referendum parzialmente abrogativi della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, il dibattito sui diritti dell’embrione torna drammaticamente alla ribalta. Sono in molti coloro che hanno definito come insensata una legge senza dubbio fortemente voluta dal Vaticano. Il dato più importante è rappresentato dalle migliaia di coppie costrette a raggiungere paesi che hanno una differente legislazione in materia. E la cosa non fa che mettere in piena evidenza la contraddizione insita in un provvedimento che, peraltro, pur vietando la diagnosi preimpianto, consente il ricorso all’aborto. Si direbbe dunque facile rigettare in toto una legge che sembra tanto scandalosamente mettere in discussione la laicità dello Stato. Tuttavia abbiamo visto come anche il cinema possa porre le cose sotto una luce diversa. Il 12 giugno, quale che sia la scelta che faremo, sarà difficile illudersi di fare la cosa giusta. Ma dopotutto siamo esseri umani, e possiamo accontentarci di fare quella migliore.