Come i Luca avrebbero riciclato i soldi del clan Rinzivillo Lotto, polizze e mazzette. Nel mirino rapporti con banche

Gela, 1 aprile 2006. Per l’intero giorno c’è stato chi ha tentato di fare scherzi ad amici e parenti, ma è all’orario di cena che qualcuno riesce a beffare la dea bendata. Sulla ruota di Cagliari, dopo due anni che gli sono valsi il titolo di più ritardatario della storia, viene estratto il numero 34. Per rivivere qualcosa di simile bisogna tornare alla Seconda guerra mondiale quando la leggenda vuole che Mussolini ci abbia messo del suo per alimentare l’attesa dell’8 su Roma, con lo scopo di raccogliere denaro per le spese belliche. 

In Sicilia, quella sera di tredici anni fa, si festeggia anche il 18. Insieme al 34 valgono infatti un ambo lucrosissimo130mila euro. La somma deriva dalla vincita di ben tre schedine, giocate nel giro di pochi minuti nella stessa ricevitoria. La sensazione, dunque, è che a vincere possa essere stata una sola persona, specie perché in due casi la puntata è stata di duecento euro, la massima prevista dal regolamento. Ma in questa storia la fortuna non è l’unica protagonista, a farsi spazio è anche l’ombra del riciclaggio per conto di Cosa nostra

Tutto inizia due settimane dopo l’estrazione, quando Lottomatica versa la vincita sul conto di Concetta Lo Nigro. La donna è la moglie di Totò Luca, l’imprenditore scarcerato venerdì insieme al fratello Francesco e al figlio Rocco, dopo l’arresto nell’inchiesta Camaleonte sui presunti rapporti con la famiglia Rinzivillo. Quest’ultimo è il clan che governa Gela pur avendo da anni la cabina di regia fuori dalla Sicilia. Con i Luca, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, i boss avrebbero mantenuto stretti rapporti, fornendo protezione in cambio di facilitazioni. Dalle automobili concesse all’occorrenza a condizioni favorevoli fino alla possibilità di ripulire i proventi illeciti. In quest’ottica, il lotto e i gratta e vinci potrebbero essere stati usati dai Luca come lavatrici. Con la complicità del titolare della ricevitoria – oggi indagato – gli imprenditori sarebbero riusciti a intercettare le schedine vincenti per poi comprarle con un sovrapprezzo. Un piccolo sacrificio che avrebbe lasciato tutti soddisfatti, dando ai Luca modo di giustificare somme di denaro altrimenti sospette. Specialmente se possedute in contanti. In merito all’estrazione del 2006, sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori è finita anche una quarta schedina contenente lo stesso ambo ma riscossa da una terza persona.

L’ipotesi del riciclaggio – avallata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia – scaturisce dall’esame della situazione reddituale e patrimoniale che ha contraddistinto negli anni la famiglia. Gli inquirenti sono convinti che gli imprenditori, attivi nel settore immobiliare e nella compravendita di veicoli, abbiano effettuato operazioni finanziarie non compatibili con i redditi dichiarati. A riguardo va ricordato che già nel 2006 i Luca avevano subito un sequestro, poi revocato anche grazie alla denuncia di alcune estorsioni, un fatto che oggi la procura interpreta come il tentativo, riuscito, di rimettere le mani sul proprio patrimonio.

Nelle centinaia di pagine che accompagnano il decreto di sequestro – parte dei beni sono stati restituiti dal Riesame – vengono elencate le modalità con cui il denaro sarebbe stato ripulito. E così se il possesso dei cosiddetti beni rifugio – come nel caso dei cavalli Black, Sognador e Guendalina di proprietà di Francesco Gallo, genero di Totò Luca e anche lui avvezzo alle vincite al lotto ma anche di un gratta e vinci da diecimila euro – sono ritenuti modi per «immobilizzare liquidità di non immediato utilizzo», a colpire di più sono i casi in cui gli imprenditori avrebbero fatto uso di grandi quantità di denaro contante per effettuare operazioni finanziarie. 

Alla fine del 2005, per esempio, a presentarsi in banca è l’85enne Rocco Luca, padre di Totò e Francesco. L’uomo arriva allo sportello portando con sé 110mila euro. Tutti in contanti, buona parte dei quali sotto forma di una mazzetta da duecento banconote da 500 euro. All’impiegato l’anziano Luca fa una richiesta precisa: bisogna trasformare quella somma in assegni circolari a favore di figli, nipoti, nuore così da potere donare ai propri cari i risparmi di una vita. Ma a insospettire la guardia di finanza è il fatto che ogni assegno abbia importo inferiore alla soglia antiriciclaggio. Inoltre, di lì a breve, si scoprirà pure che l’intera somma è stata usata per la stipula di un preliminare di vendita di un complesso edile. A effettuare l’operazione sarà la Terranova Immobiliare, società che, secondo la Dda, sarebbe stata usata insieme alla Immobiliareluca come «salvadanaio». I finanzieri hanno calcolato che le due imprese, tra il 2006 e il 2013, hanno effettuato investimenti per oltre 12 milioni di euro.

A riferirsi alla disponibilità di contanti da parte dei Luca è, nel 2015, uno stretto parente che alla moglie racconta della volta in cui è dovuto andare vicino al porto di Catania, per ricevere da una persona due pacchetti. All’interno c’erano custoditi 22mila euro. Il trasporto del denaro a Gela non sarebbe stato esente da rischi, l’uomo racconta di essere stato fermato dalle forze dell’ordine ma di averla fatta franca: quel giorno nessuno si accorge di ciò che era nascosto sotto il sedile. Esperienze come quella appena raccontata per gli inquirenti potrebbero essersi ripetute più volte, a indurrre questa considerazione il contenuto delle intercettazioni in cui emerge che periodicamente Francesco Luca avrebbe ricevuto banconote da 500 euro dal nipote Rocco. Il gruppo, tuttavia, avrebbe agito anche in senso opposto. A risultare sospette ai controlli delle Fiamme Gialle sono state operazioni in cui i Luca avrebbero effettuato versamenti in banca presentandosi con pezzi di piccolo taglio o addirittura monete

Tali mosse, tuttavia, non sarebbero state mai possibili senza il benestare delle banche. A esserne convinti sono i magistrati, secondo i quali il riciclaggio sarebbe stato realizzato «grazie alla concessione di linee di credito e di finanziamenti per il tramite di funzionari compiacenti, che hanno autorizzato anomale operazioni». L’elenco delle banche con cui i Luca hanno avuto rapporti è lungo e comprende anche Banca Nuova, l’istituto di credito con sede a Palermo acquisito nel 2000 da Banca Popolare di Vicenza e recentemente accostato – in un’inchiesta di Report – ai servizi segreti e all’ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. Ad avere aperto conti correnti in Banca Nuova è stato non solo Totò Luca, ma anche la moglie, la figlia Maria Assunta e il genero Francesco Gallo. Il primo, nel 2012, tramite l’istituto di credito trasferì 50mila euro verso l’Irlanda con la causale «premi lordi su assicurazione vita e fondi pensione». Una somma comunque inferiore a quella che sei anni prima era servita a stipulare, con una banca diversa, un’altra polizza riguardante il ramo vita. In quel caso il premio versato era stato di mezzo milione


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