Intervista al leader degli zingarettiani in Sicilia nel day after delle Primarie. «Per usare una metafora calcistica, quando una squadra perde, è l’allenatore quello che viene rimosso. Di certo non puoi sostituire gli elettori», attacca
Primarie Pd, Cracolici chiede le dimissioni di Faraone «Rimetta il mandato, ormai è una scelta inevitabile»
«Mi pare che il dato emerso dai gazebo ci dica che il popolo del centrosinistra chiede altro rispetto a quello che è avvenuto negli ultimi mesi qui in Sicilia». È un Antonello Cracolici più sereno, quello che questa mattina risponde all’altro capo del filo. La vittoria netta di Nicola Zingaretti anche in Sicilia, con un dato ancora più eclatante a Palermo città (il 74,6 per cento dei voti) dà adesso la possibilità al dirigente dem di chiedere che «Davide Faraone rimetta il suo mandato da segretario regionale».
Qual è la strada da intraprendere adesso?
«Certamente è quella di essere realmente competitivi, abbandonando una prospettiva neo-inciucista. Perché questa traduzione del partito della nazione in salsa siciliana ha prodotto una serie di guasti che sono sotto gli occhi di tutti».
Il riferimento è alla riduzione dei gazebo?
«A quello, ma non soltanto a quello. E nonostante tutto i gazebo ci consegnano un mandato che non lascia spazio all’interpretazione. Soprattutto a Palermo città, dove era diretta l’influenza di Faraone e dove il dato è ancora più clamoroso che nel resto dell’Isola. Malgrado le traversie, insomma, c’è stato quasi un atto di eroismo da parte del popolo del centrosinistra».
Non giriamoci attorno: pensa che Davide Faraone dovrebbe rimettere il suo mandato?
«Faraone dovrebbe rimettere un mandato che tra l’altro non è legittimato da un percorso democratico nitido, ma è frutto di un giochino politico che non è riuscito a vedere al di là del proprio naso. La nostra gente ci chiede unità, ma anche nettezza, chiarezza. Invece siamo stati un ricettacolo di personaggi in cerca d’autore. Noi dobbiamo fare un coalizione fuori dal Pd, non un Partito democratico fuori dal Pd. Un partito deve essere innanzitutto un contenuto e soltanto poi diventare anche un contenitore».
Qualora le dimissioni di Faraone non arrivassero, è ipotizzabile un intervento da Roma?
«Io credo che la sua sia una scelta inevitabile. Stiamo facendo politica, non c’è nulla di personale nei confronti di Faraone. Ma per usare una metafora calcistica, quando una squadra perde, è l’allenatore quello che viene rimosso. Di certo non puoi sostituire gli elettori».
Intanto in questi mesi concitati per il Pd, l’opposizione al governo Musumeci non ha brillato particolarmente.
«Questo voto ci consegna la necessità di un salto di qualità, non soltanto nell’ottica dell’opposizione, ma di costruzione di una reale alternativa a sinistra. Alternativa che evidentemente non può prescindere dal ruolo centrale del Pd. Una cosa è chiara: il mondo dei 5 Stelle sta per deflagrare. E c’è anche un mondo che vive di delusione rispetto a scelte politiche che parte di quel mondo non ha accettato, mentre il Paese si è spostato inesorabilmente a destra. Abbiamo il dovere di riprenderci quel voto».
La Sicilia in questi mesi è stata anche al centro del dibattito sui flussi migratori e il popolo della sinistra è tornato a farsi vivo, sia nei giorni della Diciotti, che in quelli della Sea Watch.
«Allora, non dobbiamo avere la presunzione di credere che tutto si debba ridurre a politica partitica. C’è un mondo della reazione morale, dell’indignazione, proveniente dalla società civile che non è che per forza di cose debba confluire in un partito. People, la manifestazione dello scorso sabato a Milano, ci dice che c’è un mondo, in questo Paese, che è anche piuttosto variegato al suo interno. Da quel radicalismo che pensa che il sistema di accoglienza dovesse proseguire allo stesso modo, a chi si interroga su come gestire questi flussi evitando che il suo paese diventi mero luogo di transito».