Dopo il caso esploso nella Lega, ora anche in Fratelli d'Italia emergono tensioni sul profilo della candidata sindaca del centrodestra Ezia Carbone, ritenuta troppo in continuità con il primo cittadino uscente. Che frattanto licenzia Danubio, Di Modica e Romeo
Aci Castello, in vista del voto malumori anche in Fdi Drago caccia gli assessori transfughi: «Tradimento»
«Mai e poi mai con Ezia Carbone». Non è precisamente un’apertura di dialogo quella di Francesco Scuderi. Il capogruppo consiliare di Fratelli d’Italia non vuole nemmeno sentir parlare della candidata che il centrodestra di Aci Castello ha scelto per la successione di Filippo Drago. Per l’appunto, la linea di continuità con il sindaco uscente – Carbone è tuttora vice sindaca – non viene perdonata, per chi, come i consiglieri di Fdi, si ritrovano all’opposizione da oltre due anni. Il guaio, però, è che i vertici siciliani del partito di Giorgia Meloni, ovvero il coordinatore regionale Manlio Messina e quello provinciale Alberto Cardillo, hanno già scelto da che parte stare. Proprio con il centrodestra, proprio con Ezia Carbone. Dopo i salviniani, dunque, anche i meloniani espongono alla città il proprio mal di pancia verso le scelte cristallizzate «nella segreteria di Salvo Pogliese». E la tentazione, anche stavolta, è di andare a vedere le carte di Carmelo Scandurra, il potenziale sindaco vicino a Luca Sammartino che sta sottraendo forza e candidati allo schieramento conservatore. Il fastidio di Scuderi è condiviso anche da Marco Calì, altro consigliere comunale uscente.
Ma il simbolo di Fdi non va da nessuna parte. «Noi siamo nel centrodestra, chiunque sia il candidato», detta la linea Manlio Messina. «Be’, però Ezia Carbone – riflette a voce alta Scuderi – fino alle elezioni politiche del 2018 era nel Nuovo centro destra di Alfano, ovvero con i governi Renzi e Crocetta». Come a dire che non sarebbe poi uno scandalo stare al fianco di Carmelo Scandurra, che per altro si ritrova nell’album di famiglia, dato che proviene da Alleanza nazionale. Ma la tensione dei due non si estende fino ai vertici catanesi, a palazzo Beneventano, dove si trova il neon della Fiamma tricolore. «In ogni caso Manlio Messina ci sta ascoltando – prosegue Scuderi – noi, cioè io e Calì, potremmo anche stare fermi un giro, e il partito è libero di fare la lista senza di noi, ovviamente». Ipotesi da non escludere. «Il sindaco a cui si è fatta opposizione – ricorda Messina – si chiama Filippo Drago, mentre il candidato sindaco non è Drago, è un’altra figura nell’ambito del centrodestra».
«Noi – ribadisce il coordinatore regionale di Fdi – siamo un partito del centrodestra. Io comprendo le questioni locali, ma chi non vuole stare in una logica di partito, se ne va con le liste civiche. Non si può pensare che io dia il simbolo di Fdi al candidato di Sammartino». Messina spera ancora di recuperare gli scontenti, e usa parole di distensione. «Probabilmente, con Ezia Carbone Fdi avrà lo spot di vice sindaco – rivela – dunque onore a loro che di sicuro non stanno facendo una battaglia per le poltrone, ma politica».
Frattanto, Filippo Drago fa fuori gli assessori che pochi giorni fa hanno dichiarato di voler correre con Scandurra, contro la destra, ovvero Salvatore Danubio, Massimiliano Di Modica e Sebastiano Romeo. «Dalla squadra che fino ad oggi mi ha sostenuto – ha dichiarato ieri il sindaco in una nota – mi sarei aspettato una reazione d’orgoglio a garanzia della continuità e, invece, da una buona parte di essa ho ricevuto la notifica di un ipocrita accordo elettorale con la quasi totalità della minoranza, che ha cancellato in un sol colpo dieci anni di battaglie politiche per il risanamento della comunità». La replica di Danubio arriva su Facebook. «Tutti – scrive sul proprio profilo l’ormai ex assessore – conoscevano (sindaco e vice sindaca compresi) la mia intenzione sul percorso politico per le ormai prossime elezioni amministrative, senza mai fare mistero di una mia possibile candidatura a sindaco o, in alternativa, convergere su quella dell’amico Carmelo Scandurra. Quindi, la mia posizione è stata netta e chiara, sempre. Non accetto – conclude Danubio – di essere accusato di tradimento».