L'ortaggio, per la sua stessa struttura, è il più colpito dalle polveri finissime «piovute» giù dal vulcano. «Già adesso inutilizzabile tra il cinque e il dieci per cento del prodotto», spiega una produttrice. Guai peggiori se il fenomeno proseguisse a lungo
Cenere Etna, i rischi per la coltura del cavolfiore «Finora danni limitati, situazione da monitorare»
«Finora i danni sono rimasti limitati alla coltura del cavolfiore. Io – spiega la produttrice agricola Susanna Ragusa – un po’ ce li ho avuti, ma roba di poco, tra il cinque e il dieci per cento». Il trasporto aereo non è l’unico ingranaggio economico rallentato dalle frequenti colonne di cenere «soffiate» dall’Etna sul territorio della provincia di Catania. Nell’elenco delle vittime della rina vulcanica, dopo i passeggeri, c’è un ortaggio: il cavolfiore. «Pur lavandolo, pur mettendolo a cuocere – continua la donna, che gestisce un’azienda agricola a Palagonia – la terra non va via. Per via della sua stessa struttura, un insieme di micro fiori, già tutti aperti». La cenere «piovuta» sui campi negli ultimi giorni è molto sottile, finissima. «È una polvere, di natura quasi vetrosa – puntualizza Ragusa – che si va a poggiare su alcune colture. Il danno lo fa durante la notte – prosegue la produttrice – tra le quattro e le cinque del mattino, quando la rugiada o l’umidità creano una specie di impasto a cui si mescola cenere. Ne viene fuori un piccolo film appiccicato a frutta e ortaggi. Da cui poi tende a cadere naturalmente». Con l’eccezione, per l’appunto, del cavolfiore.
Due giorni fa Coldiretti Sicilia ha acceso una spia d’allarme sulle conseguenze che le fumate dell’Etna possono riversare sull’agricoltura. L’associazione di categoria ha ricordato i danni, ben più ingenti, registrati negli scorsi anni, in particolare sulle arance, e avviato un monitoraggio della situazione nell’Isola. Ulteriori emissioni di cenere concentrate sulla stessa zona per settimane potrebbero generare danni peggiori. Lo stesso potrebbe accadere se la polvere divenisse più spessa, nella forma di granelli neri. «Se non ricordo male – va a memoria Susanna Ragusa – nel 2015 la cenere arrivò fino in Grecia. Io, quell’anno, ho dovuto distruggere tremila cavolfiori, che erano pronti, proprio perché la cenere era più granulosa».
«Gli ortaggi – dice a MeridioNews Andrea Passanisi, responsabile catanese di Coldiretti – sono colpiti in una misura superiore alle arance. Il problema degli agrumi dipende dalla zona climatica: dove c’è maggiore escursione termica, e dunque maggiore umidità, la cenere colpisce la buccia dell’arancia con abrasioni, a volte con piccole bruciature. Se parliamo di cavolfiori o broccoli, la situazione si complica». Cosa succederà se la pioggia di polvere vulcanica non si arresterà in tempi brevi? «Può verificasi un rallentamento della produzione agricola» risponde Passanisi. Ma esistono metodi per diminuire o sventare i possibili danni?
«In zone dove è costante la produzione di cavolfiori – ipotizza Susanna Ragusa – potrebbero essere sistemate delle ventole per “spostare” tutto ciò che potrebbe cadere sugli ortaggi». Soluzione che però, ammette la stessa produttrice agricola, è difficile da praticare perché molto dispendiosa. «Si potrebbe inoltre considerare – indica Ragusa – l’abbassamento dell’aliquota dell’acqua, perché parliamo di ortaggi che ne hanno una grande necessità. Acqua che noi paghiamo profumatamente ai consorzi di bonifica».