Enrico Colajanni interrompe lo sciopero della fame «A Roma potrebbero decidere di aprire un’inchiesta»

Dopo un mese e mezzo di digiuno, Enrico Colajanni ha deciso di interrompere il suo sciopero della fame. Il fondatore dell’associazione antiracket Libero Futuro aveva infatti scelto a inizio dicembre una forma di protesta estrema in risposta alla decisione della scorsa estate della prefettura di Palermo di cancellare la sua e altre associazioni dall’albo prefettizio. Una gesto forte, quello di Colajanni, che sta raccogliendo alcuni risultati, come le audizioni in Commissione antimafia regionale e in quella bicamerale nazionale, mentre si attendono altri sviluppi. «Aspetto l’esito degli approfondimenti che saranno fatti nelle prossime settimane e le decisioni che in quelle sedi saranno prese», spiega a chi lo ha seguito e sostenuto fino a questo punto. «Io interrompo il digiuno, ma la lotta prosegue».

«Stiamo raccogliendo tutta la documentazione relativa alle numerose questioni sollevate. Prima possibile invieremo tutto alle Commissioni con la speranza che decidano di approfondire. In particolare a Roma potrebbero decidere di aprire un’inchiesta», commenta a MeridioNews. Punta molto infatti sull’audizione di giovedì scorso, dove è stato ascoltato da una Commissione di circa venti persone. «Lì mi pare che inevitabilmente prevalgano gli schieramenti – osserva -. In generale, però, vi è stata molta attenzione da parte dei numerosi parlamentari presenti. Avremmo dovuto essere auditi per 30-40 minuti, domande comprese, e invece siamo rimasti lì per un’ora e mezza. Tante le domande e anche le richieste di documentazione. L’unica nota stonata è stata la reazione negativa di due esponenti del Pd». Si tratta della senatrice Teresa Bellanova e del deputato Carmelo Miceli.

«Sento nelle parole delle persone ascoltate delle accuse molto pesanti che onestamente mi turbano – questo l’intervento del la senatrice Bellanova, alla fine dell’audizione -, su tanti prefetti, sulla procura, sulla questura e sulla base di questo noi abbiamo il dovere di continuare l’approfondimento, di valutare e di assumere le decisioni conseguenti sulla base della documentazione che sarà consegnata. Ma voglio dire qui che mi lascia molto perplessa, per non dire altro, l’affermazione fatta da Colajanni che di fronte alle interdittive che valuta ‘assolutamente strumentali, quasi un atto politico‘, non intende seguire la via data dal nostro ordinamento, cioè quella del ricorso al Tar o al Consiglio di Stato. Francamente – dice più avanti – io non so quale metro di misura adottare per valutare l’opportunità o meno di una dichiarazione e di un comportamento e, siccome siamo qui svolgendo delle funzioni pubbliche in nome e per conto del popolo italiano, mi chiedo se siamo arrivati a fare questa audizione se ci sono da parte del presidente livelli di informazione tale da giustificarle e a questo punto le chiedo di avere il massimo dell’attenzione e rigore per quello che qui è stato detto e che se fosse stato rivolto a me avrei giudicato diffamatorio». Una stilettata seguita dalle rassicurazioni del presidente della Commissione, il senatore 5stelle Nicola Morra che ha sottolineato che «ognuno si assume la responsabilità di quanto detto».

«Chiedo la trasmissione del verbale di audizione alla Procura della Repubblica», interviene invece a fine audizione l’onorevole Miceli. «È sotto gli occhi di tutti che quanto è stato affermato necessita di ulteriori approfondimenti che non sono di competenza esclusiva di questa Commissione. Si sono ipotizzate delle attività ostruzionistiche nei confronti di questa associazione antimafia condotte da altissimi funzionari dello Stat, per finalità che sono state accennate ma non chiarite. Ci siamo trovati ad audire oggi soggetti che hanno potuto dire quello che hanno voluto – ha aggiunto – e noi siamo stati in condizioni oggettive di difficoltà anche per poter interloquire, incalzare, rispondere, approfondire alla luce delle osservazioni formulate. Forse prima ci vuole il filtro di un comitato sul tema». Sollevano quindi stupore, anzi, addirittura «imbarazzo» in alcuni membri della Commissione bicamerale di Roma le dichiarazioni di Colajanni, che è stato ascoltato insieme a Nicola Clemenza, presidente di Libero Futuro Castelvetrano, associazione anche questa depennata dall’elenco prefettizio.

«L’esclusione di Castelvetrano riteniamo sia ancora più scandalosa – il commento di Clemenza -, insieme ad Enrico abbiamo animato questo movimento in buona parte della Sicilia, con altre 12 associazioni abbiamo costituito il coordinamento No mafie giusto per far emergere che non è un problema di qualche persona, ormai alcuni magistrati ma più comunemente migliaia di persone hanno ravvisato il pericolo di una deriva sociale molto grave, non solo non esistono prove contrarie ma esistono invece conclamate e diverse prove che avvalorano i nostri ragionamenti. Semplicemente non ci siamo piegati a una antimafia di facciata e chi tace sappiamo bene tutti che è complice». Dello stesso tenore i discorsi condotti fino a oggi pubblicamente da Colajanni, e riportati in Commissione, convinto che le dieci associazioni ricollegate a Libero Futuro siano state prese di mira

«Siamo convinti sia un problema di natura politica, motivo per cui ci siamo detti che non serviva aspettare le sentenze del Tar, ma farci sentire subito – aggiunge l’ex presidente -. Noi siamo sgraditi, gli altri cancellati dall’elenco invece non avevano certi requisiti per stare nell’albo prefettizio, che è un discorso diverso. Chi si è opposto a certi poteri e a chi agiva indisturbato pensando di essere intoccabile, vedi Saguto e Montante, ne paga ora le conseguenze, mentre altri no perché hanno taciuto. Dico francamente che mi fa specie che nel 2019 debbano essere quattro scompagnati di qualche associazione antiracket e qualche giornalista a occuparsi di certi temi, e non la politica a pieno titolo, penso a Pio La Torre che era capo di un partito e che faceva quelle lotte e che dietro però aveva un mondo». 


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