Trentuno milioni da una parte, otto dall'altra, 25 da quell'altra ancora e poi, forse, una norma nella finanziaria nazionale e un'altra da Palermo. I conti di Palazzo degli elefanti sono un continuo rastrellare. Ma i dipendenti senza stipendio minacciano guerra
Dissesto, un abaco per le casse del Comune di Catania Tra il bon ton dei sindacati e le minacce dei lavoratori
Trentuno milioni e 625mila euro in arrivo da Roma. Otto milioni da Palermo. E forse anche qualche altra decina di milioni, sempre dal capoluogo della Regione, destinati ai Comuni in dissesto e pre-dissesto con crisi di liquidità, soldi che Palazzo degli elefanti potrebbe drenare abbastanza semplicemente. Poi ci sono 25 milioni di accertamenti per tributi evasi, che sì, bisogna capire se chi non li ha pagati prima li pagherà adesso, ma la strada la si tenta ugualmente. E c’è pure la speranza, flebile, che nella finanziaria che sarà votata prima di Natale dal governo nazionale si riesca a infilare anche una norma sulla riscossione delle tasse locali: in bolletta, come accaduto per il canone Rai, e chi evade la Tari si ritrova senza energia elettrica. Sarebbero, secondo i conti del Comune, 12 milioni di euro in cassa ogni due mesi. In tutto questo, i catanesi possono stare tranquilli: le luminarie e gli eventi natalizi, così come la festa in piazza per Capodanno, si faranno. Perché l’austerity in salsa rossazzurra la si combatte a suon di sponsorizzazioni dei privati, e non si dica che la città è triste.
In questo momento a Catania il sindaco e la giunta sembrano fare l’abaco: un pallino da una parte, uno dall’altra e la cinghia sempre più stretta. Il voto sul dissesto, domani, è solo l’inizio di un periodo in cui questi conti diventeranno all’ordine del giorno. Nelle casse municipali, in questo momento, ci sono circa 700mila euro, ha detto il sindaco durante l’appuntamento di ieri con i sindacati, in aula consiliare. Soldi arrivati grazie ad alcuni pagamenti tardivi effettuati dai cittadini mediante conto corrente. L’obiettivo dichiarato dal primo cittadino è riuscire a erogare, prima di Natale, almeno due mensilità a tutti quelli che le aspettano: dipendenti comunali, delle partecipate e delle cooperative sociali. Non sono in molti a crederci. Una lavoratrice minaccia di non lavare più i bagni. Un altro vorrebbe occupare l’aula consiliare. «Si dice “Prima assaggila e poi viri su ti piaci”». «No, picchì a iddi ci pari ca’ semu tranquilli», si dicono alcuni ex netturbini del Comune di Catania, nel corridoio. Le due posizioni sono chiare anche a chi non parla il dialetto: uno invitava alla calma, a dare una possibilità all’amministrazione di stupire tutti. L’altro rispondeva che simulando tranquillità il rischio è che a primo cittadino e giunta non arrivino sufficienti pressioni.
A sembrare davvero calmi, in questo momento, sono i sindacati. L’appuntamento di ieri a Palazzo degli elefanti di certo non mancava del bon ton. Il presidente del Consiglio Giuseppe Castiglione cortese padrone di casa, i referenti delle sigle sindacali e delle associazioni di categoria sempre dentro i tre minuti a loro destinati per gli interventi, sempre pacati. Poche domande. «Cosa si intende fare con le spese correnti dopo la dichiarazione di dissesto?». «Ne discuteremo insieme». «Cosa si è previsto per la lotta all’evasione tributaria?». «Per le attività commerciali, incroceremo i dati delle utenze con quelli della riscossione: ai morosi non saranno rinnovate le concessioni». «È vero che il Comune ha un credito di circa dieci milioni di euro da parte della società Acque di Casalotto?». «Mi dicono che c’è un contenzioso in corso, certamente riscuoteremo tutto quello che c’è da riscuotere». Non una sola voce più alta delle altre, nessuno slogan. L’annuncio dello sciopero generale unitario è arrivato nella mattinata di ieri: le braccia saranno incrociate presto, forse con l’anno nuovo. «Sindaco – sbotta un altro ex operatore ecologico – Mi deve dare pure la tredicesima. Non c’è solo lo stipendio, c’è pure la tredicesima, m’aggiuva». Lo accompagnano fuori quasi di peso. Pogliese tenta di non interrompersi al microfono. Mentre il lavoratore domanda vendetta per quelle mensilità che gli mancano, il primo cittadino – per strana coincidenza del discorso preparato – sta dicendo: «So che comprendete che la responsabilità non è certo nostra».