Il dato arriva da una ricerca di Openpolis. L'Isola è la seconda regione d'Italia con i livelli più alti, superata soltanto dalla Sardegna. «Un ragazzo che abbandona la scuola è un fallimento educativo», scrivono gli studiosi
Un quinto dei giovani siciliani lascia gli studi Caltanissetta la provincia con più abbandoni
Un ragazzo su cinque in Sicilia, nel 2017, ha lasciato gli studi prima del completamento del percorso. Il dato arriva da una ricerca di Openpolis. L’Isola è la seconda regione italiana con il più alto livello di abbandono, con il 20,90 per cento, superata soltanto dalla Sardegna. «All’interno dell’Unione europea, l’Italia rientra tra i paesi dove il problema degli abbandono è più consistente», si legge nella relazione dei ricercatori.
Le cause all’origine della scelta di non proseguire gli studi possono essere molti e fanno sempre riferimento a condizioni di marginità sociale. La ricerca è stata fatta prendendo come indicatore la percentuale di giovani tra 18 e 24 anni che hanno soltanto la licenza media. L’Italia, in tal senso, nel 2017 è stato il quarto paese con più abbandoni (14%), dopo Malta (18,6%) Spagna (18,3%) e Romania (18,1%).
Guardando al caso siciliano, la provincia con i livelli più alti di abbandono è Caltanissetta con il 27,1 per cento. Segue Catania, dove la percentuale registrata è superiore a uno su quattro dei giovani (25,2%). Al terzo gradino di un podio tutto fuorché invidiabile c’è Ragusa, con il 23,8 per cento. Poi ci sono Enna (22,9%), Palermo (20,4%) e Trapani (20,3%). Sotto il venti per cento si trovano Siracusa (16,9%), Agrigento (16%) e Messina, che con il 15,7 per cento è la provincia con minore abbandono scolastico.
Numeri che nel complesso descrivono una situazione senz’altro non rosea per la Sicilia. E che pongono precise riflessioni. «Un ragazzo che abbandona la scuola è un fallimento educativo, e segnala che qualcosa non ha funzionato – scrivono gli studiosi -. Le ricerche indicano che a lasciare gli studi prima del tempo sono spesso i giovani più svantaggiati, sia dal punto di vista economico che da quello sociale. Un meccanismo molto pericoloso perché aggrava le disuguaglianze già esistenti. Ciò produce una serie di conseguenze negative che non colpiscono solo il singolo ragazzo o la ragazza. Quando il fenomeno colpisce ampi strati della popolazione – concludono i ricercatori – è l’intera società che diventa complessivamente più debole, povera e insicura».