Pio Guidolin era presente in aula. Con lui anche le cinque persone che l'hanno denunciato, oggi parti civili. I fatti risalgono al 2014 quando l'ex religioso guidava la comunità della parrocchia Santa Croce nel quartiere Villaggio Sant'Agata
Chiesa e abusi sessuali, chiesti 10 anni per l’ex prete Le vittime cosparse di olio santo durante le preghiere
Cardigan grigio a rombi scuri e manette strette ai polsi. Pio Guidolin entra nell’aula a piano terra in cui si celebra l’udienza, dov’è imputato per pedofilia, scortato da quattro agenti della polizia penitenziaria. Dentro, ad attenderlo dopo avere percorso un lungo corridoio laterale del palazzo di giustizia, ci sono i ragazzi che lo accusano di essere le vittime dei suoi abusi sessuali, perpetrati nei locali ecclesiastici quando era sacerdote. Una storia dai contorni grigi in cui oggi è stato scritto un nuovo capitolo dalla procura di Catania: ovvero la richiesta di condanna a dieci anni. Il processo, che si svolge con il rito abbreviato, potrebbe arrivare a sentenza entro la fine del 2018: l’ultima parola spetterà alla giudice per le indagini preliminari Giuseppina Montuori. Prima della requisitoria dell’accusa a prendere la parola è stato proprio l’ex prete della chiesa Santa Croce, nel quartiere periferico etneo del Villaggio Sant’Agata. Dichiarazioni spontanee con cui Guidolin ha cercato di respingere le pesanti accuse. Alla prossima udienza toccherà ai suoi avvocati.
I fatti, emersi con un’operazione del Ros dei carabinieri alla fine dello scorso anno, risalgono al 2014. Periodo in cui l’imputato avrebbe sfruttato la sua posizione di sacerdote all’interno della chiesa di periferia per costringere alcuni minorenni a compiere, o subire, atti sessuali. I racconti contengono anche raccapriccianti dettagli come l’utilizzo di olio santo. Espediente che, stando alle accuse, veniva sistematicamente utilizzato mentre si «recitavano preghiere ad alta voce», si legge negli atti dell’inchiesta. Una sorta di «atto purificatore in grado di lenire le sofferenze interiori». Secondo la ricostruzione dell’accusa Guidolin a un ragazzo avrebbe prospettato anche l’insorgere di una malattia ai testicoli obbligandolo a compiere atti sessuali. A una seconda vittima, invece, avrebbe descritto i suoi atti come «gesti spirituali a cui il minore doveva sottoporsi per essere liberato dal demonio». Passati quattro anni, nel processo come parti civili ci sono anche le cinque persone che l’hanno denunciato – quattro ragazzi e una ragazza -, quasi tutti appena maggiorenni. Gli stessi che, accompagnati dai genitori, alla fine dell’udienza hanno deciso di aspettare l’uscita dall’aula del loro ex parroco. Guidolin, sempre scortato e con il capo rivolto verso il pavimento, non ha incrociato gli occhi di nessuno, allontanandosi velocemente verso le celle di sicurezza nei sotterranei del tribunale.
Da quasi un anno in custodia cautelare nella casa circondariale di Siracusa, l’ex sacerdote ha dovuto affrontare anche un processo canonico. Che lo ha destituito dal ruolo di prete. La curia di Catania, durante le indagini dei magistrati etnei – l’inchiesta è stata affidata alla pm Marisa Scavo -, aveva allontanato Guidolin dalla chiesa Santa Croce mandandolo in esilio forzato in provincia, a Bronte, nella parrocchia della Madonna del Riparo. Passaggio transitorio in cui però gli sarebbe stato impedito di celebrare la messa e di somministrare i sacramenti, limitandolo al ruolo di assistente del parroco durante le celebrazioni. Insieme all’ex prete a processo c’è anche un secondo imputato: si tratta di N. N., accusato di favoreggiamento e doppio protagonista di questa storia in quanto padre di uno dei ragazzini che sarebbero stati abusati (per proteggere l’identità del minore, non indichiamo le generalità complete del padre, ndr). L’uomo, dopo i racconti fatti dal figlio ai magistrati, avrebbe avvertito Guidolin dell’indagine in corso, rivelandogli le dichiarazioni del ragazzino e comunicandogli anche che altri giovani erano stati convocati in procura per essere sentiti.
Al nome del presunto prete pedofilo, ma non a questo processo, sarebbe legata anche una storia di debiti della chiesa che guidava. Circa 40mila euro di disavanzo che portarono a una sorta di gestione commissariale da parte della curia di Catania. Particolari sviscerati sulle pagine di MeridioNews attraverso le parole di don Alfio Smampinato. Incaricato di guidare temporaneamente la comunità del Villaggio sant’Agata dopo l’allontanamento di Guidolin.