Scicli, niente bandiere, molta rabbia Agricoltori allo stremo: «Ma andiamo avanti»

Gli agricoltori sciclitani sono allo stremo ma non intendono fermarsi. Dal primo giorno di sciopero il mercato ortofrutticolo di Donnalucata è chiuso. Due i blocchi stradali del movimento dei Forconi, uno nella frazione di Sampieri e l’altro, il principale, sulla provinciale 39 che collega Scicli a Donnalucata. I camion e i mezzi agricoli sono parcheggiati ai bordi della strada per circa due chilometri, i manifestanti si riparano dal freddo in un piccolo gazebo.

Nessuno conferisce merce al mercato, sono fermi gli autotrasportatori e le cooperative di confezionamento. I pomodori maturano nelle serre ma nessuno intende raccoglierli. «Siamo gente che lavora, non ci piace perdere tempo e sprecare il nostro prodotto. Stiamo pagando direttamente, ma lo facciamo con coscienza – racconta l’imprenditore agricolo Guglielmo Cintoli – Chi ha aderito al movimento sapeva a cosa andava in contro. Per la prima volta il mancato guadagno non è causato dai mercati ma da una nostra scelta. Per la nostra protesta».

Gli agricoltori del Movimento chiedono il taglio delle accise regionali sul carburante che incide direttamente sul costo dei prodotti. «Un tir che deve portare la merce a Milano ha bisogno di oltre duemila euro di benzina. Così, il commerciante del nord sceglie la merce spagnola che costa la metà», dice un anziano agricoltore. L’aumento degli ultimi anni del prezzo del petrolio, inoltre, ha fatto aumentare di molto anche il prezzo del film plastico che si usa per coprire le serre. Un altro importante intervento in cui tutti sperano è poi il blocco delle cedole della Serit Sicilia, società che riscuote i tributi nell’isola. «La Serit applica tassi da usurai, c’è gente che per un debito di dieci milioni, risalente a venti anni fa, oggi si trova con un debito di centomila euro, i beni e l’azienda pignorata, senza nemmeno poter fare richiesta di credito – continua Cintoli – È costretto a morire, chi lo aiuta? Ci sentiamo abbandonati».

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La crisi del comparto agricolo di Scicli non è un fenomeno recente. Sono anni che gli agricoltori denunciano i bilanci in rosso e tutta l’economia della zona fa i conti con questa depressione. Giovedì scorso la popolazione ha voluto manifestare il proprio sostegno con un corteo partito dal centro cittadino ed arrivato fino al presidio, alle porte di Donnalucata. Tutti gli esercizi commerciali erano chiusi e gli studenti hanno manifestato con gli agricoltori. Alla testa del corteo un cavallo trainava un carro pieno di paglia e forconi, unica bandiera ammessa quella della Sicilia. Mancavano quelle della Coldiretti e della Cia: contrarie, secondo gli agricoltori, a questa protesta.

Nel presidio, per esprimere solidarietà ai manifestanti, anche un metalmeccanico. «Appoggio la protesta dei miei paesani, perché la crisi colpisce tutti», dice Bruno Mirabella. Che auspica l’intervento della comunità europea affinché vengano protette le produzioni nazionali che non possono competere con quelle estere, dotate di disciplinari di produzione meno rigidi. Al porto di Pozzallo, o di Catania, arrivano ortaggi dal nord Africa e dalla Spagna. Prodotti che – sottolineano gli agricoltori – sebbene abbiano prezzi più bassi, non hanno le stesse certificazioni di qualità delle produzioni italiane. Così, il prodotto locale viene deprezzato ma i costi di produzione rimangono alti. Produrre un chilo di pomodoro costa almeno ottanta centesimi ma spesso la grande distribuzione lo acquista a prezzi inferiori.

Il sentimento di antipolitica che attraversa l’Italia ha messo radici anche tra gli agricoltori. I politici non li vogliono sentire nominare, chiedono le dimissioni del presidente della regione Raffaele Lombardo ma anche di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, che nei giorni scorsi ha denunciato infiltrazioni mafiose tra il movimento dei forconi. Il tema delle violenze e delle intimidazioni accende gli animi e tutti ci tengono a precisare che a Scicli nessun personaggio discutibile fa parte del movimento. Anche se, ammettono, trattandosi di un gruppo molto vasto si potrebbe trovare qualche testa calda. «In ogni blocco c’è un presidio della polizia o dei carabinieri – si chiede Mirabella – Se ci sono dei mafiosi, perché non li arrestano?».

Mentre qualcuno prepara la legna per accendere il barbecue e preparare la cena per gli agricoltori, un membro del movimento distribuisce volantini alle vetture che passano per la strada. «Ci scusiamo per il disagio che stiamo provocando, ne siamo molto rammaricati. Si dice che una goccia si asciuga subito ma tante gocce formano il mare», si legge. Tra i primi a decidere di continuare a sostenerli ci sono gli studenti che hanno organizzato per domani una serie di assemblee con i membri dei Forconi, gruppi studio e flashmob. A quanto pare anche il resto del paese ha manifestato la propria solidarietà. «Un signore di settant’anni mi ha detto di essere dispiaciuto perché non ha trovato la carne dal macellaio ma ci ha invitati a continuare – conclude Mirabella – Noi siciliani siamo sempre stati individualisti, oggi dobbiamo essere solidali gli uni con gli altri».

[Foto di Topyti]


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