Partinico, pietre e spranghe contro i migranti a Ferragosto «Innescata da pretesto, aggressori tutti con precedenti»

Bastoni di legno, spranghe di ferro, pietre e forse addirittura una pistola, che però non è stata ritrovata. Queste le armi usate per aggredire i sei migranti, di cui cinque minorenni, e l’educatrice che li accompagnava la notte di Ferragosto. Per non parlare dei calci e dei pugni immortalati dalla telecamere della zona. Una vera e propria spedizione punitiva aggravata, per il gip della Procura di Palermo, dall’odio razziale e innescata da un futile pretesto. A metterla a segno, la notte a cavallo tra il 14 e il 15 agosto sulla spiaggia Ciammarita di Trappeto, un gruppo di italiani, tutti provenienti da Partinico. Come i ragazzi di colore, anche loro erano lì per festeggiare il Ferragosto. Ma la festa si è trasformata presto in un’aggressione a sfondo razzista. Un’aggressione «pretestuosa», come la definisce il capitano Marco Pisano, comandante della compagnia dei carabinieri di Partinico. «La scintilla che ha dato il via a tutto è da ricercarsi intanto nella ferma volontà di trovare un punto di scontro con questi ragazzi che stavano festeggiando il Ferragosto come tutti gli altri in quella spiaggia», spiega.

               

«Quindi – torna a dire -, si sono avvicinati i ragazzi italiani con una scusa, chiedendo semplicemente come stessero e se avessero bisogno di qualcosa. La risposta negativa ed evasiva dei ragazzi di colore che cercavano di sottrarsi a questo contatto ha scatenato direttamente offese di natura razziale. I ragazzi italiani rivendicavano il diritto esclusivo di vivere e stare su quel territorio e di festeggiare il Ferragosto, cosa a loro avviso non consentita ai ragazzi di origine ghanese». E questa è la prima frazione dell’aggressione contro il gruppo di migranti. La seconda fase scatta lontano dalla spiaggia, quando i ragazzi si spostano in strada per prendere il pulmino che li riporterà alla comunità Mediterraneo di Partinico, in cui attualmente vivono. «Non paghi del primo tentativo di contatto – riprende il capitano Pisano -, hanno poi inseguito i ragazzi di origine ghanese fino a Partinico, fermando il pulmino a bordo del quale viaggiavano. I migranti sono stati trascinati fuori e percossi, sono stati colpiti con delle pietre e presi a bastonate con bastoni di ferro e di legno e, nel frattempo, sono state rivolte a loro offese di natura razziale».

Nel branco ci sono anche due donne, entrambe destinatarie dei domiciliari, legate da vincoli di parentela con due uomini del gruppo: si tratta della moglie e della compagna di due degli aggressori. Le vittime, accompagnate dall’operatrice anche lei aggredita e dalla presidente della comunità Mediterraneo, si sono recate il giorno dopo in questura per denunciare l’accaduto. Prima di questo, a fare scalpore era stato un altro episodio violento, anche questo a sfondo razzista, verificatosi sempre a Partinico a fine luglio: un cameriere di colore era stato picchiato e insultato perché nero. Un 19enne di origine senegalese circondato da un altro branco all’esterno del bar in cui lavorava. Ma a Partinico c’è un emergenza razzismo? «La cifra comune di questi ultimi due episodi è la subcultura che contraddistingue i responsabili, la cornice culturale, che chiaramente non è da applicare tout court al Comune di Partinico, ma a una fetta della popolazione, e che ha certamente creato le condizioni affinché una serie di convinzioni sbagliate e condannabili maturassero e prendessero forma, trasformandosi poi in queste aggressioni», commenta ancora il capitano Pisano.

«L’aggressione, per come è stata ricostruita sulla base delle dichiarazioni rese delle vittime, è stata oltre che prolungata, anche se distinta in due tempi, feroce. E anche le conseguenze che ha portato sono immaginabili, vista l’intensità dei colpi sferrati e degli strumenti utilizzati contro questi ragazzi». Il gip di Palermo, infatti, ha contestato le ipotesi di reato aggravandole anche tenendo conto della minorata difesa dei ragazzi: si guarda insomma non solo al numero degli aggressori, che è andato aumentando dalla spiaggia alla strada, ma anche agli oggetti usati per la spedizione punitiva. «Non sappiamo come fossero allestite le macchine, visto che l’aggressione è stata in due tempi, non sappiamo se le avessero già con sé da prima o se le spranghe sono state prese dopo», spiega. Si è parlato anche di una pistola, però. Ne hanno parlato i ragazzi durante la denuncia e il racconto di alcuni testimoni ha messo in evidenza che, per lo meno, ci sarebbe stata la minaccia di tirare fuori l’arma, che però non è stata ritrovata durante le perquisizioni.

A colpire, di questa vicenda, non è solo la brutalità e la futilità da cui è partita. Ma anche il range estremamente vario di età che contraddistingue il branco di Partinico. Un ventaglio che va infatti dai 26 ai 60 anni. Non solo ragazzini, insomma. Anzi. La maggior parte legati da vincoli di parentela. E poi c’è un altro dettaglio che completa il quadro: «Praticamente tutti hanno precedenti di polizia, uno di questi era anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, altri erano già stati sottoposti a misure di prevenzione dello stesso tipo, quindi,  parliamo di un contesto di subcultura e realtà criminali, per quanto spicciole, che hanno portato a questo».

Aggiornamento 17.28

Oltre ai sette arrestati (tre ai domiciliari tra cui due donne) nell’inchiesta sul pestaggio di migranti a Ferragosto sulla spiaggia di Trappeto e poi a Partinico è indagata anche un’altra donna di 28 anni per lesioni alle giovani vittime. 


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