Principale sconfitto delle elezioni di ieri, il Partito democratico tra poche potrebbe ritrovarsi senza segretario nazionale, con Matteo Renzi che sarebbe prossimo alle dimissioni. «Unica scelta comprensibile», commenta Mirello Crisafulli. Partigiani del Pd: «Partito da rifondare, ma fuori da qui non c'è nient'altro. Leu ha fallito»
Politiche, tracollo Pd: dal 18,6 al 12 in cinque anni «Sconfitta netta, ma siamo l’unico centrosinistra»
Leccarsi le ferite, evitando che qualcuno ci metta sopra il sale. Il giorno dopo il tracollo nazionale, gli umori dentro al Partito democratico in Sicilia sono in sintonia con quelle nel resto del Paese. Più che da resa dei conti, l’aria che si respira è quella dell’attesa. Questo pomeriggio, infatti, Matteo Renzi potrebbe ufficializzare il passo indietro dalla segreteria nazionale. Uno scenario che alla vigilia del voto l’ex premier aveva escluso, ma che è parso via via più probabile quando lo scrutinio hanno sancito la sconfitta inequivocabile del centrosinistra. Con il Pd costretto a guardare da lontano sia il Movimento 5 stelle che il centrodestra, al punto da avere rischiato di subire il sorpasso della Lega.
«Per ora non parlo, voglio attendere cosa dirà Renzi», è la laconica risposta di un esponente regionale dei democratici. Dalla scelta del segretario, d’altronde, dipenderanno le riflessioni su ciò che è stato, ma anche le mosse per pensare la ripartenza. Operazione che, al momento, sembra richiedere uno sforzo di immaginazione non indifferente. Tra quanti hanno dichiarato di volere aspettare il 5 marzo, più che il 4, ci sono i Partigiani del Pd, il gruppo nato in aperto dissenso con le scelte fatte dal partito in fase di selezione delle candidature. «Domani mattina faremo una conferenza stampa – dichiara Antonio Rubino – ma una prima riflessione si può fare e riguarda il fatto che restare nel Pd, che rimaniamo convinti debba essere rifondato, è stata una scelta giusta. I numeri ci dicono che fuori dal Pd non c’è nulla. Chi (Leu, ndr) ha pensato di costruire una fortuna tirandosi fuori è rimasto al palo».
Tuttavia, guardando ai dati, la sconfitta del Partito democratico in Sicilia è chiara. Rispetto alle Politiche 2013 – quando i dem nell’Isola restarono lontani dal dato nazionale (27,4 per cento), pur spingendosi fino al 18,6 per cento – il calo è netto: 11,5 per cento al Senato, mentre alla Camera non si va oltre il 12 nella parte orientale e si supera appena il dieci in quella occidentale. Nei collegi uninominali – dove il Movimento 5 stelle ha fatto l’en plein – i democratici sono rimasti fuori dai giochi praticamente dappertutto. Compreso il collegio di Enna alla Camera, dove è stato schierato il sindaco di Troina Fabio Venezia. Il primo cittadino, pur ottenendo il 20,34 per cento – un dato abbondantemente superiore a quello del partito (13,27%) – non ha potuto fare nulla. Né contro il giovane startupper Andrea Giarrizzo (45,93%) ma neanche contro il candidato di centrodestra Carmelo Lo Monte, che ha preso quasi novemila voti in più. «Non si poteva arginare l’onda grillina, tuttavia qui il Pd ha preso la percentuale più alta a livello regionale e tra le migliori nel Meridione», commenta Venezia a MeridioNews.
Di scarto difficilmente colmabile, alla vigilia del voto erano stati in molti a parlarne. I motivi stavano nella ripartizione geografica del collegio ennese, che comprende parte della provincia messinese, ma anche nel comportamento di centrodestra e centrosinistra alle Regionali (dove il Pd ha preso 250mila voti, una cifra di poco inferiore rispetto al risultato di ieri alla Camera). «Previsioni rispettate? Ancora non ho guardato i voti regionali». A parlare è Mirello Crisafulli, ex parlamentare dem ennese che da tempo rimarca il proprio disimpegno dal partito, giustificandolo con il coinvolgimento nelle attività dell’università di Medicina in lingua rumena, ma che inevitabilmente rimanda all’aperta opposizione alla direzione targata Renzi. «Le possibili dimissioni del segretario? Mi sembra l’unico gesto concepibile per come sono andate le cose – continua -. Il risultato in Sicilia me lo aspettavo e negli ultimi giorni avevo immaginato un’affermazione così ampia del Movimento 5 stelle». Per l’ex parlamentare, il voto di ieri apre ufficialmente una nuova era nello scenario politico italiano. «Si è perso anche in regioni che tradizionalmente rappresentavano una sicurezza. È tempo di ripensare il centrosinistra». Come? «Se avessi una soluzione mi farebbero segretario nazionale». Figura che tra poche ore potrebbe mancare nel Pd.