Fabrizio Villa, fotogiornalista catanese, è stato travolto dalle polemiche. Colpa di uno scatto, realizzato con il teleobiettivo circa venti anni fa, che immortala le case agrigentine tra le colonne del tempio di Ercole. Ripubblicata dal Corriere dopo che il capoluogo agrigentino non è stato scelto come Capitale della Cultura 2020
Agrigento, la fotografia che avvicina i palazzi ai templi «Ora mi accusano pure di mettere in posa i migranti»
«Quando ho scattato quella fotografia non esisteva Photoshop e io usavo una macchina analogica». Nonostante la pioggia di insulti, le denunce invocate e la confusione in un certo modo alimentata dal web, la voce di Fabrizio Villa è tranquilla. Il fotografo catanese, con una carriera decennale alle spalle, nelle ultime 48 ore è finito al centro dell’attenzione per una foto fatta circa vent’anni fa. Lo scatto – in cui si vedono in primo piano le colonne del tempio di Ercole e sullo sfondo i palazzi di Agrigento – è stato ripreso dal Corriere per corredare una recensione di un libro scritto dallo storico dell’arte Tomaso Montanari e ha suscitato l’indignazione di quanti hanno gridato al falso. Il motivo sta nel fatto che la foto mostra una distanza non reale tra la valle dei Templi e il cemento delle abitazioni. Illusione ottica che per molti non sarebbe soltanto un artificio tecnico, ma frutto di cattiva fede, al punto che il sindaco Lillo Firetto ha annunciato di valutare l’ipotesi di difendere legalmente l’immagine del Comune.
«Mi sono accorto che qualcosa era successo quando ho iniziato a ricevere insulti a raffica sui social – racconta Villa a MeridioNews -. Solo dopo ho visto l’articolo del Corriere. Mi pare tutto un po’ assurdo, mi si accusa di avere fatto una foto, mentre non ce la si prende con chi negli anni ha permesso di edificare comunque a ridosso di una zona archeologica come la valle dei templi». L’artificio ottico per Villa è solo una delle tante componenti della tecnica fotografica. «Quello scatto è fatto con l’uso del teleobiettivo che schiaccia la profondità, non sono di certo il primo a usarlo – continua Villa -. Ma non è una foto finta, io ero in quel luogo e ho voluto, grazie allo strumento, rafforzare il significato di ciò che i miei occhi vedevano».
Come spesso accade in questi casi, con il passare delle ore la gogna dei social non ha risparmiato nulla. «Dopo gli insulti in pubblico, ci sono stati quelli in privato e anche le minacce. Ho dovuto aumentare i livelli di privacy degli account, perché molti hanno iniziato ad attaccare anche altre fotografie in cui invece non c’era nessun artificio tecnico – va avanti Villa -. Qualcuno, sostenendo di conoscermi mentre in realtà non è così, ha scritto che a Lampedusa avrei fatto mettere in posa i migranti, mentre altri hanno messo in discussione la veridicità di un lavoro che ho fatto con le donne operate al seno». Le accuse generalizzate potrebbero rovesciare i propositi di denuncia. «Adesso mi trovo io a dovere difendere la mia professionalità», ammette Villa.
Tornando indietro con la memoria, il fotoreporter etneo ricorda che lo scatto incriminato aveva fatto discutere anche decenni fa. «Mi pare che fu pubblicato da La Stampa. La questione comunque non è criticare, si può ragionare su come una fotografia riesca a raccontare uno stato di cose, ma ha poco senso aggredire senza confrontarsi», commenta Villa. Che non ha avuto modo di parlare con il primo cittadino di Agrigento. «Solo con un suo portavoce, al quale ho spiegato come sono andate le cose, perché non ho nulla da nascondere». La polemica è arrivata in concomitanza con la notizia del ministero dei Beni culturali di scegliere Parma come città della cultura 2020, selezionata tra una rosa di nomi comprendente anche Agrigento. «Non so se la delusione abbia influito in questa reazione spropositata, ma di certo io non c’entravo nulla», conclude Villa.