Tutino-Zoppi: giudice archivia, non ci fu diffamazione «Viene garantito nuovamente il diritto di cronaca»

«Viene garantito nuovamente il diritto di cronaca e questo è un fatto sempre molto importante, un esito in cui confidavamo». Questo il primo commento dell’avvocato Nino Caleca in merito alla decisione del giudice Marco Gaeta di archiviare il procedimento contro il giornalista Maurizio Zoppi, accusato insieme al direttore del giornale online Tweet Press, Fabrizio Grasso, di diffamazione da parte di Matteo Tutino, ex primario del reparto di Chirurgia plastica di Villa Sofia. I fatti, risalenti al 2016, erano già stati oggetti di una prima richiesta di archiviazione da parte dei pm, respinta però dal giudice che aveva predisposto ulteriori indagini e accertamenti. La seconda istanza della procura, invece, è stata accolta e ha condotto all’esito di oggi.

Stabilita «l’insussistenza del delitto di diffamazione, per evidente assenza dell’elemento soggettivo del reato ed essendo perciò inutile la celebrazione di un processo», scrive il giudice nelle motivazioni della decisione. I fatti si innescano dopo il ricorso presentato da alcuni medici di Villa Sofia sull’esito delle procedure per la selezione del nuovo direttore del reparto di Chirurgia plastica e maxillo-facciale. Ricorso al quale fa seguito, il 12 giugno 2016, un articolo di Zoppi sulla vicenda.

«Negli articoli apparsi sulla rivista Tweet Press a firma del giornalista si legge che il Miur, in una nota del 19 maggio inoltrata in risposta a una specifica richiesta del nuovo commissario di Villa Sofia, ha affermato che Tutino non era in possesso dei titoli necessari per guidare il reparto in questione – scrive il giudice Gaeta -. Il primo articolo incriminato riporta espressamente il contenuto letterale della nota del Ministero, in cui in verità si afferma qualcosa di diverso, cioè che il titolo conseguito presso l’Albert Einstein College of Medicine non può trovare corrispondenza con i titoli accademici rilasciati da università italiane e, pertanto, non può essere oggetto di procedura di riconoscimento. La questione circa la superfluità o meno di tale titolo ai fini della valutazione della idoneità a partecipare alla selezione dei candidati a dirigere quel reparto, in realtà, è alquanto confusa».

Oggetto della questione, insomma, è se i requisiti dichiarati dal chirurgo per concorrere a quel posto siano validi e sufficienti o meno. In particolare, il conseguimento di un diploma di sub-specializzazione in chirurgia craniofacciale all’Albert Einstein College of Medicine di New York. «Il giornalista Maurizio Zoppi, che ha fedelmente riportato la nota del Miur, ha evidentemente agito senza la volontà di diffamare Tutino (neppure sotto forma di accettazione del rischio), avendo ritenuto che la risposta del Ministero circa la non validità del diploma in chirurgia maxillo-facciale quale titolo di specializzazione spendibile in Italia certificasse la mancanza di un titolo necessario per rivestire l’incarico di dirigente del reparto complesso che gli è stato affidato».

Zoppi rimane, però, attualmente sotto processo insieme al collega Piero Messina per un’altra vicenda, in cui la parte lesa, ancora una volta, è sempre l’ex primario di Villa Sofia: sono accusati di calunnia e pubblicazione di notizie false. Loro l’articolo sull’intercettazione tra l’ex governatore siciliano Crocetta e Tutino, pubblicata sul settimanale L’Espresso nel luglio 2015.


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Il servizio a firma del giornalista palermitano esce il 12 giugno 2016, dopo il ricorso di alcuni medici di Villa Sofia sull'esito delle procedure per la selezione del direttore del reparto di Chirurgia plastica e maxillo-facciale. «Il primo articolo incriminato riporta espressamente il contenuto letterale della nota del Ministero»

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