Il presidente del Consiglio sè speso per Ruby, giovanissima marocchina residente in Italia, chiamando la Questura di Milano, per nobiltà danimo. Nel frattempo, il suo Governo ha impugnato una legge della Regione Puglia su assistenza e cure agli extracomunitari. La Corte costituzionale gli ha dato torto
Gli stranieri e il gran cuore di B.
A chi gli contestava uno stile di vita, per così dire, sopra le righe e, soprattutto, l’improprio intervento sulla questura di Milano, volto a far rilasciare, senza alcun affidamento a strutture protette, una minorenne marocchina, Karima Rashida El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori, fermata per furto, il Presidente ha risposto: “Sono gioioso, non cambio: amo le donne e la vita”. Come non credergli? Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto pensare che lui amasse, o quantomeno avesse a cuore, non già le donne ma … gli extracomunitari.
Per averne conferma, basti considerare un recente attacco sferrato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri contro una legge della Regione Puglia (presieduta da Nichi Vendola). Una civilissima legge (n. 32 del 2009) che detta “norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia”.
Secondo la disposizione di apertura, “La Regione, nel rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili della persona, così come riconosciuti nella Costituzione italiana, nelle convenzioni internazionali in vigore e nei principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, concorre alla tutela dei diritti dei cittadini immigrati presenti sul territorio regionale, attivandosi per l’effettiva realizzazione dell’uguaglianza formale e sostanziale di tutte le persone”.
Segue una serie di disposizioni che prevedono interventi volti a garantire i diritti umani inviolabili degli stranieri presenti a qualunque titolo sul territorio regionale; ad eliminare ogni forma di discriminazione; a garantire l’accoglienza e l’effettiva inclusione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati nel territorio regionale; a garantire pari opportunità di accesso e fruibilità dei servizi socio-assistenziali, socio-sanitari, di conciliazione e dell’istruzione, per la qualità della vita; a rimuovere le situazioni di violenza o di sfruttamento degli immigrati; a favorire il reciproco riconoscimento e la valorizzazione delle singole soggettività, delle identità culturali, religiose e linguistiche.
Secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, talune di queste disposizioni sarebbero in contrasto con la normativa nazionale in materia di ingresso, permanenza ed espulsione dei cittadini stranieri (d.lgs. 286 del 1998), in quanto intese a garantire posizioni di vantaggio agli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno. La Presidenza ha perciò sollevato un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.
Per fortuna, la Corte, garante della legittimità delle leggi e del corretto esercizio del potere normativo da parte delle Regioni, è stata pronta ad evidenziare come la normativa impugnata sia, innanzitutto, volta a “garantire i diritti umani inviolabili” (sentenza del 18 ottobre, n. 299). Diritti che, nel nostro sistema costituzionale, spettano a tutti gli individui in quanto tali, a prescindere dal fatto che si tratti di italiani, di cittadini comunitari, di stranieri con o senza permesso di soggiorno, senza che ciò valga a legittimarne la presenza nel territorio dello Stato.
Vero è, infatti, che le Regioni non possono legiferare in materie attinenti alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno degli extracomunitari nel territorio nazionale; altrettanto vero, tuttavia, che gli interventi concernenti gli stranieri non possono ridursi a questo, dovendo provvedere a molti altri aspetti che riguardano la pacifica e civile convivenza e che vanno dall’assistenza socio sanitaria ad altro.
Nel garantire tali regole di convivenza deve aversi riguardo a tutti gli individui, senza discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, come ha correttamente fatto la Regione Puglia, e sulla scorta di quanto pacificamente affermato dalla nostra Corte Cosituzionale e dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo.
Grazie, dunque, alla Regione Puglia per questo esempio di civiltà, che altre regioni dovrebbero seguire.
Grazie alla Corte costituzionale, perché tiene accesa, in questa Italia senza misericordia e senza memoria, la fiaccola dei diritti umani.
E in fondo grazie anche a Ruby, un’extracomunitaria, che ci ha dato modo di riflettere su una delle tante contraddizioni presenti nel nostro Paese.
* Professore ordinario di diritto privato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo di Catania