Nel processo, scaturito dal blitz antimafia del 2014, non è stata accolta la richiesta dei legali di Gaetano Pellegrino, che volevano acquisire le carte che hanno scagionato il fratello consigliere comunale a Catania dall'accusa di voto di scambio. Come testimone potrebbe entrare la consorte del capomafia del clan dei Carcagnusi
Ippocampo, rigettata archiviazione di Pellegrino Chiesta audizione della moglie del boss Mazzei
Meno di trenta minuti e appuntamento a fine gennaio. Udienza interlocutoria per il processo scaturito dall’operazione antimafia Ippocampo, che nell’estate 2014 portò a 21 indagati e al mandato di cattura per il boss del clan dei Carcagnusi Nuccio Mazzei. Sfuggito agli arresti e poi scovato nell’aprile 2015 mentre trascorreva la latitanza all’interno di una villetta di Ragalna, alle pendici dell’Etna, in compagnia della moglie e del suo inseparabile pitbull Michael. Davanti giudici, avvocati e pm, all’interno dell’aula Italo Santoro, oggi c’erano soltanto tre imputati: Mazzei, in collegamento video da Spoleto, dove si trova detenuto al regime del carcere duro, Gioacchino Intravaia e Gianni Galati. Tra il pubblico, ad aspettare il loro arrivo, decine di familiari. Proprio Intravaia, stando alle accuse, sarebbe stato uno dei fedelissimi del capomafia etneo, tanto da essere coinvolto anche nell’inchiesta Nuova famiglia. Nella cerchia ci sarebbe stato anche Gaetano Pellegrino, fratello del consigliere comunale etneo di Forza Italia, Riccardo. Recentemente finito al centro delle cronache per la candidatura alle elezioni regionali siciliane.
Proprio sul nome di quest’ultimo si sono concentrate le richieste dei legali Tommaso Manduca e Giuseppe Rapisarda. I difensori del parente del politico avevano proposto l’acquisizione del decreto di archiviazione di un’inchiesta per voto di scambio, in cui compariva proprio nome del consigliere comunale di Palazzo degli elefanti. Il fine ultimo sarebbe stato fare entrare questi documenti nel processo per verificare l’attendibilità del pentito Salvatore Viola. Dopo l’opposizione dell’accusa, in aula rappresentata dalla magistrata Tiziana Laudani, il giudice Francesco D’Arrigo ha deciso di rigettare la richiesta dei legali. «Il rapporto di parentela tra Riccardo e Gaetano non è rilevante in questo processo e il fatto che le dichiarazioni di Viola non siano state riscontrate non può volere dire che il collaboratore non sia attendibile», spiegava poco prima la pm.
Al nome di Gaetano Pellegrino, conosciuto nell’ambiente del quartiere popolare San Cristoforo con il diminutivo di funciuto, è legata anche un’intercettazione con la moglie di Mazzei. In un colloquio con la signora Enza Scalia, avvenuto in via Pesce dorato nell’estate 2011, l’uomo senza giri di parole diceva: «Vedi che io con tuo marito ci sono cresciuto, nel bene o nel male, sono sempre vicino a lui. Quello che lui mi dice io faccio, mi devi capire. Se domani mi dice: “Devi ammazzare a mia moglie“, Enza io ti ammazzo». Passati sei anni da quelle parole Scalia, come comunicato in aula, non gode di buone condizioni di salute e la sua testimonianza sarebbe a rischio. L’avvocato Manduca rimarca la volontà di ascoltarla e la sua richiesta viene accolta: «Sarà utile per chiarire l’intercettazione – annuncia in aula Manduca – e i rapporti della signora con Pellegrino».