Regionali, pallori e urla nella lunga giornata dei dem I crocettiani in Arcipelago: «Orlando? Noi unici leali»

Alle tre del pomeriggio mancano ancora tre candidati che dalla provincia devono arrivare in via Bentivegna per gli ultimi passaggi burocratici. La scadenza per la presentazione delle liste è fissata per le 16. Da una porta chiusa trapelano le urla di chi li sta chiamando al telefono. Sono le 15.19 quando i plichi coi documenti lasciano il quartier generale dei dem per essere presentati in tribunale. Tra i corridoi, le espressioni stravolte di chi, come ammesso da Rosario Crocetta, non dorme da tre notti. Di Leoluca Orlando, del suo braccio destro Fabio Giambrone, neanche l’ombra. Lungo le scale, un alterco tra funzionari di partito, mentre a rasserenare le acque intervengono il senatore Beppe Lumia e il presidente del Pd Sicilia, Giuseppe Bruno.

Le occhiaie di Fausto Raciti lo precedono, il pallore è più accentuato del solito. Non rilascia dichiarazioni, il segretario dem, visibilmente provato dalla trattativa tra Orlando e Crocetta. E lui, il governatore uscente, è l’unico a non negarsi ai cronisti, perché ci tiene sottolineare che «il ritiro della lista del Megafono non è un passo indietro. Si cerca sempre il bene comune e io lo considero un passo in avanti. Quando si mette l’io o l’ego al centro e il progetto passa in seconda fila – sottolinea – allora si è soltanto individualisti e non si è leader. Un leader prima di pensare a se stesso pensa agli altri». Insomma, è chiaro dalle prime battute che quella dentro la lista Micari Presidente sarà una convivenza tra separati in casa, tra il primo inquilino di palazzo d’Orleans e il primo cittadino del capoluogo. Crocetta non sarà candidato capolista a Palermo: «Mi sembrerebbe inopportuno», taglia corto.

Però evidenzia che «quando si vedranno i nomi dei candidati, si capirà chi ha fatto la lista e chi invece non l’ha fatta. Io non voglio dire niente, contrariamente a chi odia, a chi manifesta ostilità, mette sempre se stesso al centro». E ancora, sempre a proposito di Orlando, su sollecitazione dei cronisti che non mancano occasione per pungolarlo, ammette: «Ha addirittura detto che, se non c’era, bisognava inventarlo, io ne prendo atto. Come si fa a rispondere a uno che dice ciò?».

Orlando, infatti, si attribuisce la vittoria di avere scelto il candidato presidente e di averla spuntata con la lista Arcipelago sul Megafono di Crocetta? «Capisco che le sconfitte sono sempre orfane, mentre le vittorie sono piene di padri – dichiara ancora Crocetta – ma io penso di avere fatto un lavoro di squadra insieme a Lumia, Raciti, Renzi e Guerini nell’interesse del centrosinistra e del Partito democratico con senso di responsabilità. I cittadini – aggiunge – sanno giudicare in questa vicenda chi è leale e responsabile e chi invece scappa, è sleale e irresponsabile».

Sono da poco passate le 15, quando Crocetta si allontana da via Bentivegna. Di Orlando ancora nessuna traccia («magari sarà a palazzo delle Aquile – ironizza ancora il primo inquilino di palazzo d’Orleans -, il suo lavoro è molto prezioso per la città, mica si può allontanare»). Crocetta invece saluta, ringrazia e si allontana. Poi torna sull’uscio: «Ricordatevi – conclude – che chi semina vento raccoglie tempesta».


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