La denuncia, già sollevata dalla Direzione investigativa antimafia, è stata rilanciata da Michele Vullo, direttore generale dell'ospedale Papardo di Messina. «Un dializzato costa alla Regione 40mila euro l’anno, e guarda caso i posti della sanità pubblica vengono tagliati e aumentano le strutture private»
Business dialisi in Sicilia, 78% va in centri privati «In certe cliniche prestanome di Messina Denaro»
«La dialisi è un business. Nella Sicilia orientale è riconducibile a Matteo Messina Denaro. Un dializzato vale 40mila euro l’anno, le scelte della politica regionale attorno alla dialisi non sono sufficienti a contrastare gli interessi criminali». A dirlo in quinta commissione al Comune di Messina, il direttore generale del Papardo, Michele Vullo.
Il prossimo manager del Policlinico, invitato a descrivere le problematiche legate al ridimensionamento dell’ospedale Papardo, ha parlato a 360 gradi riprendendo la relazione della Direzione investigativo antimafia che denuncia presunte infiltrazioni mafiose nel settore della sanità siciliana. «Un dializzato costa alla Regione 40mila euro l’anno, e guarda caso i posti della sanità pubblica in questo settore vengono tagliati e parallelamente aumentano le strutture private che si occupano di dialisi – ha affermato il dg – dovremmo aumentare il numero dei trapianti. E invece abbiamo grosse difficoltà».
Vullo ha poi sottolineato come il documento della Dia nazionale non abbia trovato «attenzione nel mondo della sanità siciliana. E le affermazioni contenute – ha continuato – avrebbero dovuto spingere la politica locale su quanto accade e a interrogare i direttori generali delle varie aziende ospedaliere sull’esperienza che hanno vissuto in questi anni, per capire se quanto affermato è un elemento costante o se sono fenomeni isolati che è più facile combattere».
Sulla scorta del documento della Dia, Vullo precisa che «nella regione siciliana recenti indagini hanno individuato una vera e propria rete di cliniche private che effettuano il servizio di emodialisi, alcune delle quali sono risultate essere gestite da prestanome e persone vicine al noto boss mafioso latitante, Matteo Messina Denaro». Emergerebbe un intreccio tra associazione mafiosa, truffa ai danni del sistema sanitario nazionale e vari altri reati come il falso in atto pubblico e la corruzione. «Reati che inevitabilmente finiscono per vedere coinvolti imprenditori del settore sanitario, professionisti e funzionari regionali».
Secondo i dati in possesso di Vullo, in Sicilia il 78 per cento dei circa 5mila malati si sottopone a dialisi negli 88 centri accreditati, mentre soltanto il 22 per cento viene curato nelle 33 unità operative degli ospedali pubblici. Quanto detto oggi da Vullo in commissione consiliare su richiesta di alcuni consiglieri verrà spedito alla procura.