Confermati anche gli arresti domiciliari per Rosaria Giuffrida, Katia Scarpignato e Fabiola Raciti. Il 73enne è accusato dalla procura etnea di essere a capo di una associazione a delinquere finalizzata all'abuso di minori. «Si valutino le condizione di salute dell'uomo», dice il suo avvocato Mario Brancato
12 apostoli, Pietro Capuana rimane in carcere Il suo legale: «Pronto il ricorso in Cassazione»
«Aspettiamo le motivazioni – dice Mario Brancato a MeridioNews– È una situazione in cui ci sono tanti elementi contro e tanti elementi a favore di Capuana. Il tribunale della Libertà ha evidentemente valorizzato di più gli argomenti contro». Brancato, legale di Pietro Capuana e Rosaria Giuffrida, commenta così la decisione assunta ieri dal Riesame. Il 73enne rimarrà in carcere. Confermati i domiciliari per la stessa Giuffrida, 57 anni, per Katia Scarpignato, 48 anni, e per Fabiola Raciti, 55 anni. I quattro sono accusati di far parte di una associazione a delinquere finalizzata all’abuso su minori, sorta – secondo la procura di Catania – in seno all’associazione cattolica Cultura e ambiente di Aci Bonaccorsi. Abusi che sarebbero stati consumati dall’uomo, mentre le tre donne si sarebbero occupate di strutturare i turni delle ragazze a casa di quest’ultimo e al Cenacolo di Lavina (Giuffrida) e di vincere le resistenze delle presunte vittime (Raciti e Scarpignato). «C’è per lo meno una situazione equivoca in questa storia – prosegue Brancato – c’è un palese conflitto di testimonianze. Faremo ricorso in Cassazione contro questa decisione».
«Dovranno valutare in maniera approfondita le condizioni di salute di Capuana – aggiunge il legale – che sono assolutamente incompatibili con il regime carcerario. Il gip ci ha detto che deve fare approfondimenti sul punto. Mi auguro solo – conclude Brancato – che questi approfondimenti intervengano finché è ancora in vita». Pietro Capuana è in cella dal 2 agosto, giorno in cui l’inchiesta è stata illustrata alla stampa dagli inquirenti. Nell’indagine sono coinvolti anche il prete Orazio Caputo, l’ex assessore regionale Mimmo Rotella e il presidente dell’associazione Salvo Torrisi. Ai tre la procura contesta di aver avvisato alcuni degli indagati dell’esistenza dell’inchiesta.
Nel corso dei 23 giorni successivi all’arresto, le carte dei pm hanno restituito – forse solo in parte – il quadro generale della vicenda. Dai metodi che Capuana e le sue presunte collaboratrici avrebbero utilizzato per scardinare la perplessità di alcune ragazze al dettaglio delle sei denunce avanzate contro gli indagati. E ancora, dal sottobosco politico cresciuto nei decenni all’ombra della comunità di Lavina alle dimissioni della vice presidente dell’associazione Candida Fassiolo, che ha lasciato il ruolo da assessore a Motta Sant’Anastasia dopo che MeridioNews aveva rivelato l‘intercettazione in cui la donna, al telefono con Rosaria Giuffrida, appare preoccupata per via degli approfondimenti operati dalla magistratura. Fino allo pseudonimo Emanuele Giordano, nome di fantasia con cui Pietro Capuana aveva avviato una strana carriera letteraria.