Da questa mattina fa discutere l'iniziativa del giornalista e del pubblicitario Pasquale Diaferia. Affisse 70 locandine col boss di Castelvetrano agghindato con capelli biondi, occhialoni e foulard rosa. Sotto la scritta che ne spiega il senso: «Secondo i magistrati il travestimento tra i boss è diffuso»
Matteo Messina Denaro è in versione femminile Poster affissi in città. L’iniziativa è di Klaus Davi
Fanno discutere i circa 70 poster che da questa mattina fanno mostra di se in molte parti della città e che raffigurano il boss Matteo Messina Denaro in abiti femminili. Proprio lui, il più celebre latitante di cosa nostra, è visibile con la foto classica dell’identikit che da anni viene diffusa all’opinione e, accanto, lo stesso scatto è ritoccato: qui il mafioso originario di Castelvetrano coi capelli biondi, gli occhialoni e un foulard rosa al collo. Sopra compare la scritta “Matteo dove sei?” e più sotto una dicitura: “secondo i magistrati il travestimento tra i boss mafiosi è più diffuso di quanto si pensi ed è uno stratagemma per scappare”.
I poster sono visibili in vari quartieri tra cui lo Zen, la zona di Via d’Amelio, la zona del porto, le strade che costeggiano l’ingresso dell’autostrada, il centro storico. Gli autori della campagna sono il giornalista e massmediologo (ed ex consulente del presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta) Klaus Davi e il pubblicitario Pasquale Diaferia. Un’iniziativa provocatoria che dopo Reggio Calabria e Milano sbarca ora a Milano. Ma non c’è solo Matteo Messina Denaro. In vari quartieri del capoluogo siciliano si possono vedere i poster di altri due boss della ‘ndrangheta: Rocco Morabito, latitante da oltre 25 anni, e Nicola Assisi introvabile da anni.
La campagna realizzata da Davi e Diaferia è completamente autofinanziata. E’ stata proposta al Comune di Castelvetrano ma la società di affissione l’ha rifiutata. Ultimamente anche il Comune di Roma ha rifiutato la campagna, con annesse polemiche attorno la sindaca Virginia Raggi, che recentemente si era contraddistinta per aver dato la cittadinanza onoraria al magistrato Nino Di Matteo.