Il gip di Caltanissetta ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per l'architetto agrigentino. Avrebbe calunniato diverse persone, tra le quali anche un avvocato marchigiano, citato come ideatore di un attentato ai magistrati palermitani, su indicazione di Messina Denaro e con il coinvolgimento della banda della Magliana
Mafia, arrestato il dichiarante Giuseppe Tuzzolino Dichiarazioni false per ottenere benefit dallo Stato
«Dichiarazioni a rate» utili ad accreditarsi come dichiarante credibile con l’obiettivo di «strumentalizzare per fini personali il suo status», ma anche per vendicarsi di chi, per un motivo o l’altro, si è mostrato poco propenso «ad accondiscendere ai suoi desiderata». A descrivere in questi termini il profilo di Giuseppe Tuzzolino è il capo della Procura di Caltanissetta Amedeo Bertone. Nei confronti del 37enne, attualmente sottoposto a piano provvisorio di protezione, il gip del Tribunale nisseno ha emesso, su richiesta della Procura, un’ordinanza di costodia cautelare in carcere. Tuzzolino è indagato per i reati di calunnia nei confronti di un magistrato, accusato senza motivo di corruzione, e dell’ex suocero Calogero Baldo.
Un provvedimento dello stesso tenore è stato indirizzato all’architetto agrigentino anche per un’altra calunnia: Tuzzolino ha infatti citato un avvocato marchigiano e un conoscente di quest’ultimo di avere progettato – su indicazione del noto latitante Matteo Messina Denaro – un attentato contro alcuni magistrati palermitani e un familiare di uno di loro. Alla realizzazione avrebbero partecipato anche alcuni esponenti legati alla banda della Magliana e al clan romano dei Casamonica.
Secondo la Procura di Caltanissetta, però, si sarebbe trattato soltanto di bugie. Anzi Bertone, sottolineando che nessuna richiesta di protezione è mai partita dai magistrati nisseni «non essendo stato reso dallo stesso un contributo apprezzabile in termini di attendibilità», ha ricordato che dalle parole dell’architetto sono nati due procedimenti conclusisi in entrambi i casi con la richiesta di archiviazione «essendo emerso, in modo del tutto evidente, il sistematico mendacio posto in essere dall’indagato al fine di lucrare i benefici connessi allo status di collaboratore di giustizia».
Il sistema messo in atto dal 37enne sarebbe stato quello di partire da fonti aperte, ovvero notizie accessibili a tutti, per poi tirare in ballo soggetti diversi – tra i quali anche esponenti delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria – creando collegamenti mai realmente provati. «Accuse che – scrive Bertone -, provenendo da un soggetto che ha assunto l’impegno di collaborare lealmente con le istituzioni ed essendo attinenti all’ipotizzata commissioni di gravissimi fatti illeciti, sono in grado di danneggiare fortemente l’immagine dei soggetti calunniati».
Tuzzolino è stato anche uno degli accusatori di Raffaele Lombardo. Dopo la convocazione da parte dei magistrati della procura di Catania nel processo d’appello in cui l’ex presidente della Regione era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio con Cosa nostra. Era il 10 maggio 2016 quando il dichiarante svelava i presunti intrecci tra mafia, politica e massoneria. Compresi alcuni summit che, secondo Tuzzolino, avrebbero avuto come scopo quello di procacciare voti al Movimento per le autonomie.