La terra coltivata a frumento ha prodotto nel palermitano, in media, cinque quintali in più rispetto allo scorso anno. Tuttavia i ricavi per quella che è una coltura tanto importante quanto impegnativa restano al palo e la crisi non si ferma. Miceli, dirigente del pastificio Vallolmo: «Difficile sopravvivere se non diversifichiamo le colture»
Grano: crescono resa e qualità, non il prezzo «Guadagno per ettaro è meno di cento euro»
La produzione del grano nel Palermitano quest’anno è andata bene. L’annata è stata positiva tanto dal punto di vista della quantità che da quello della qualità. Il comparto, tuttavia, non accenna a uscire dalla profonda crisi in cui ormai da diversi anni è irrimediabilmente piombato. Ma perché? La risposta non è da ricercare nella siccità, che quest’anno più degli altri ha colpito il settore o negli incendi, ma nel mercato, che con le sue valutazioni, ancora una volta, non premia gli sforzi di chi lavora la terra e che sceglie ancora di investire su delle colture, quelle di cereali, che per anni hanno mandato avanti l’economia siciliana.
Tommaso Miceli, dirigente del pastificio Vallolmo, lavora ogni giorno a stretto contatto con i produttori. L’azienda valledolmese è nata proprio con l’intento di dare un po’ di respiro a un comparto che ancora oggi nell’entroterra siciliano rappresenta uno dei cardini dell’economia locale. «L’annata – spiega – si è presentata migliore sia come resa per ettaro che per la qualità del prodotto nonostante la forte siccità. Anche gli incendi sono stati di più rispetto al passato e a essere più colpite sono state le colture di orzo e grano».
«Nonostante l’aumento della produzione, passata dai 30 quintali in media per ettaro lo scorso anno a ai 35 del 2017, il prezzo si mantiene piuttosto basso e il produttore stenta ad avere un ricavo adeguato, anche viste le spese affrontate». In questo periodo, infatti, il prezzo si aggira tra i 20 e i 21 euro al quintale. «Facendo un rapido calcolo – continua Miceli – con le medie di quest’anno il ricavo lordo all’ettaro si avvicina ai 700 euro a fronte di una spesa che, tra costi di mietitura, aratura, concimazione e quant’altro, raggiunge i 600, 650 euro a ettaro». Tutto ciò ovviamente al netto di spese impreviste e con tutti i rischi che porta il tipo di coltura, incendi e siccità su tutti.
In pratica, «se un agricoltore nei propri appezzamenti non fa una media aziendale – conclude Miceli – coltivando altri tipi di prodotti come leguminose o colture orticole, difficilmente può rientrare nelle spese e portare in attivo il bilancio aziendale». Con buona pace della qualità del prodotto.