Ksm, i tagli e la mancata intesa con i sindacati «Non c’è stata alcuna volontà di collaborare»

«A distanza di un anno dalla apertura del confronto con le organizzazioni sindacali attesa la assoluta mancanza di controproposte coerenti ed utili con la natura e l’essenza della crisi, la società è costretta, con profondo rammarico, a prendere atto della inutilità degli sforzi negoziali lungamente protrattisi e della ineluttabilità del proseguire la procedura nei termini dichiarati». Sintetizza così la Ksm, la società di vigilanza privata il lungo confronto in questi mesi con i sindacati in merito alle oltre 500 procedure di licenziamento annunciate in tutta la Sicilia a febbraio, poi ridotte a 150. «Tali proposte che avrebbero permesso per l’azienda, di ridurre in maniera drastica il numero degli esuberi, garantendo al contempo politiche di repecheament e sostegno economico per i residui lavoratori coinvolti, sono state rigettate dalle organizzazioni dei lavoratori, che non hanno neanche ritenuto di sottoporle al vaglio di tutti i lavoratori della società attraverso lo strumento del referendum».

L’azienda, che ieri ha incontrato le organizzazioni dei lavoratori a Palermo nel corso di un tavolo che si è concluso con un verbale negativo, oggi in una nota ribadisce che «sta cercando in ogni modo possibile e consentito dalla legge vigente di contenere la crisi causata dalla deregulation del settore e dalla guerra al ribasso dei prezzi, che ha portato in molti casi le tariffe offerte in gara, anche da parte di amministrazioni pubbliche, a non coprire neanche il mero costo del lavoro così come fissato dalle tabelle ministeriali».

A fronte di questo sforzo, messo in atto per salvaguardare la continuità aziendale e quindi salvare centinaia di posti di lavoro dei suoi collaboratori la Ksm, tuttavia, rivela con rammarico «la mancata collaborazione e l’atteggiamento dilatorio assunto dalle organizzazioni dei lavoratori che, non volendo affrontare realmente la problematiche e le sue concrete soluzioni, altro non fa che rinviare il problema su altri tavoli, cercando di deresponsabilizzarsi rispetto alle problematiche ben note e chiaramente esposte dall’azienda nel corso di mesi e mesi di infruttuosi incontri. Questo atteggiamento ha peggiorato la situazione, costringendo l’azienda a dover proseguire una strada che avrebbe voluto in tutti i modi evitare, e che impone importanti tagli della forza lavoro, a discapito delle preziosissime risorse umane che rischiano il licenziamento».

L’azienda ribadisce che le organizzazioni sindacali, nel corso di un anno intero che hanno richiesto ed avuto a disposizione per trovare alternative, «non hanno mai avanzato alcuna proposta coerente ed utile rispetto alla natura ed alle motivazioni della crisi, ed anche la richiesta in extremis di portare il tutto ad un tavolo politico, non previsto in alcuna normativa sul lavoro e quindi che nell’immediato nulla avrebbe potuto portare alla negoziazione, costituisce un ulteriore tentativo di non trovare soluzioni concrete e di demandare la responsabilità di tali (non) scelte ad altri, che siano le Istituzioni, la Regione o quant’altro, che non possono normare ed intervenire su accordi e crisi di una singola azienda, ma dovranno e devono ripristinare, unitamente a tutti gli operatori coinvolti, condizioni di normalità nel settore».

Nella nota, la società sottolinea ancora «non solo di aver accettato di prorogare per ulteriori due mesi circa il tempo massimo di confronto statuito dalla legge (75 gg dalla apertura della procedura di mobilità) ma, al fine di ridurre al minimo il numero dei lavoratori in esubero, portandoli da 524 a 150, ha proposto un ventaglio di soluzioni possibili, nell’alveo di quelle consentite dalla legge e dalle normative vigenti (art. 8 L. 148/2011), inserendo anche una serie di tutele tese ad un veloce rientro in azienda ed offrendo comunque un ulteriore sostegno economico a chi non fosse ripescato entro 12 mesi».

«A fronte di queste importanti riduzioni e concessioni venivano richiesti, per un periodo temporaneo di 24 mesi, dei sacrifici ai lavoratori, che a livello economico comportavano la rinuncia alla 14 mensilità degli anni 2018 e 2019 e l’abbattimento del 50 per cento rispetto ai valori contrattuali delle sole maggiorazioni per lavoro straordinario, domenicale, spostamento riposo e rischio. Veniva inoltre richiesto un abbattimento dei permessi fruibili, da 140 ore annue a 25, sempre per un periodo di 24 mesi».

«Abbiamo atteso un anno, messo a disposizione ogni dato, fornito ogni dettaglio, prorogato tutti i tempi che la legge consentiva ai sindacati per proporre soluzioni alternative concrete – afferma con preoccupazione l’amministratore delegato della Ksm Luciano Basile – La nostra fiducia nelle Istituzioni è massima, siamo certi che sapranno intervenire nell’interesse del settore nel suo complesso e siamo come sempre a disposizione per un nostro attivo coinvolgimento, unitamente ai sindacati ed alle Associazioni Datoriali, per affrontare nel suo complesso il tema del riordino del settore. Ci rendiamo però ben conto che ci sono delle modalità di intervento a livello Istituzionale che richiedono tempi tecnici in questo momento incompatibili con le necessità aziendali. Ora l’azienda, dopo un anno trascorso infruttuosamente, deve agire in fretta per non mettere a rischio il posto di lavoro di un numero maggiore di dipendenti rispetto alle proiezioni odierne. È un grande dispiacere dovere mettere in mobilità tanti uomini di valore che l’azienda spera presto di poter far rientrare nel proprio organico una volta risanata e nuovamente competitiva. Il perdurare di questa situazione di stallo – conclude- aggrava sempre di più la situazione aziendale, rischiando la paralisi, con tutte le conseguenze del caso».


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