Secondo il direttore dellUfficio Detenuti del Dap, il problemi del penitenziario catanese sono uguali a quelli di gran parte delle strutture italiane. «Ma per i soggetti meno pericolosi aggiunge meglio essere detenuti in città che sradicati dal territorio»
Ardita: «Ma io non lo chiuderei»
Della situazione di Piazza Lanza, teatro della protesta dei detenuti e oggetto di denunce da parte del sindacato della Polizia Penitenziaria, che è stata nei giorni scorsi definita “una bomba ad orologeria”, abbiamo parlato con Sebastiano Ardita, direttore dell’Ufficio centrale Detenuti e trattamento del DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziari.
Dalle note dei Radicali e del sindacato della Polizia penitenziaria la situazione del carcere di Piazza Lanza risulta insostenibile. Il carcere non è però un luogo visitabile, quindi non è facile verificare di persona.
«Noi cercheremo infatti di farlo visitare. Si sta lavorando a un progetto che prevede visite guidate. È l’unica possibilità per riuscire a capire qualcosa o si continuerà a parlare di cose che non si conoscono».
La situazione descritta da chi lo ha visitato, però è disastrosa. Si parla di una struttura vecchia, priva degli spazi che dovrebbero farne un luogo di rieducazione, e a questo si aggiungono i problemi del sovraffollamento dei detenuti e della carenza del personale. Lei come la descriverebbe?
«La struttura, certo, è vecchia, però lo è come l’85% delle carceri in Italia. Il problema è interrogarsi sul fatto che possa essere dismessa con facilità come qualcuno vuole sostenere. Dove li mettiamo 600 detenuti senza un carcere nuovo? Questo è il problema vero da un lato. Dall’altro lato, bisogna capire in che condizioni si trova in realtà l’istituto. Vero è che l’istituto è vecchio, ma è vero anche che sono stati spesi un sacco di soldi in questi anni per fare lavori di ristrutturazione e di adeguamento. Bisogna vederlo e poi ragionare serenamente sulla situazione».
E cosa ci dice sull’ipotesi che si prospetta di spostare il carcere da Piazza Lanza?
«Spostare il carcere è un’operazione dannosa per la comunità penitenziaria tutta, detenuti e operatori. E poi c’è da vedere se questa operazione possa avere o meno un’utilità. Un carcere non si sposta dall’oggi al domani. Bisogna fare un esame esatto della situazione. Una grande città come Catania non ha bisogno solo di un carcere: ce ne vogliono due, forse tre, perché è una città che produce detenuti. Intanto noi abbiamo fatto un’operazione negli ultimi due anni tramite la quale abbiamo reso Piazza Lanza un carcere di transito, dove stanno i soggetti tutto sommato meno pericolosi e abbiamo mandato a Bicocca, cioè fuori dalla città, quelli più pericolosi. Già questa è stata una prima soluzione».
Ma si dice proprio che Piazza Lanza sia sovraffollato anche per questo, perché c’è appunto il transito di molti piccoli criminali.
«E lo so, ma non si può deportare l’arrestato ai margini della città, perché ha la famiglia che vuole andare a trovarlo, l’avvocato che lo assiste… il carcere è un pezzo della comunità e dobbiamo imparare ad accettarlo come tale. È vero che bisogna fare in modo che al suo interno ci siano condizioni di civiltà, che sia pulito, che non sia sovraffollato, ma purtroppo questa è la fase che stiamo vivendo in tutta l’Italia. Se ci fossero a Piazza Lanza 300 invece di 500 detenuti, certo sarebbe meglio per tutti».
E secondo lei quali sono le azioni da intraprendere per rimediare a breve termine?
«Innanzi tutto cercare di completare i lavori di ristrutturazione. Perché un carcere può essere vecchio, ma se viene ristrutturato con l’aggiunta delle docce in stanza, con i riscaldamenti che funzionano, gli spazi adeguati, può essere comunque un carcere perfettamente funzionante ed efficiente. Sono già stati fatti tantissimi lavori».
Sembra invece che da luglio dell’anno scorso, dall’iniziativa “Ferragosto in carcere” dei radicali, ad oggi, non sia cambiato molto, tanto che i detenuti continuano a protestare e il sindacato della Polizia penitenziaria a denunciare la situazione.
« Dobbiamo pensare che, alla fine, sempre di carceri si tratta. Questa è una valutazione che va comunque fatta. Certo, ci devono essere tutti gli standard e i margini di vivibilità, ma purtroppo è sempre un carcere, un luogo di sofferenza, quindi è comprensibile che ci voglia poco a far scattare la protesta dei detenuti e a far emergere elementi di disagio».
Il sovraffollamento è comunque un dato di fatto. Il restauro porterà ad allargare gli spazi?
«No, tutt’altro, il restauro contribuisce a far diminuire gli spazi. Se si aggiungono servizi come le docce in cella è chiaro che gli spazi diminuiranno. I numeri di posti si restringe. Una struttura come quella di Piazza Lanza costruita tanti anni fa non risponde alle esigenze regolamentari europee e nazionali e adeguarla a questi standard comporterà una riduzione della capienza».
Allora è indubbio che ci vogliano altri locali.
«Se ci fosse un altro carcere sarebbe meglio. Io comunque Piazza Lanza non lo chiuderei. Dobbiamo cominciare a considerare la comunità penitenziaria come un pezzo della città, non è spazzatura, si tratta di persone. È chiaro che ci sono soggetti pericolosi che vanno messi lontani dal centro. Infatti, i mafiosi li mandiamo al nord Italia anche per sradicarli dal territorio. Quando c’è un processo li portiamo temporaneamente a Bicocca, fuori dalla città, cercando di allentare il più possibile la tensione sulla città. Il detenuto comune, in carcere per reati minori, come il contrabbando di sigarette o coltivazione di marijuana, o perché ha rubato in un supermercato, non me la sento di deportarlo fuori dalla cinta urbana e di fargli vivere l’emarginazione anche fisica dalla città. Questa è la mia opinione, che può essere non condivisibile».
Un altro problema è la carenza del personale, sia della Polizia penitenziaria, sia di figure specialistiche come educatori e psicologi. Da cosa dipende?
«Stanno entrando in servizio 397 educatori in questi mesi. Non sono tantissimi, ce ne vorrebbero altri, ma è già un buon numero. Ed entreranno in servizio anche gli psicologi. Queste sono figure del carcere moderno, che non è luogo di discarica sociale, ma di rieducazione».
Quando entreranno in servizio gli psicologi e quanti saranno?
«Per quanto riguarda gli psicologi c’è una questione burocratica inceppata: non si capisce in quale ministero vanno incardinati. Il concorso è comunque stato fatto e appena sarà sbloccata la situazione verranno assunti subito».
Il sindacato UILPA della Polizia penitenziaria ha denunciato la situazione di disagio nella quale lavorano gli operatori di Piazza Lanza. Qualche giorno fa sono stati ritrovati dei fiori sulle auto di tre guardie. Un probabile gesto intimidatorio? Lei che valutazioni ha fatto?
«Io sono un magistrato e sulle cose che non hanno una matrice chiara non mi esprimo. È fuori luogo fare valutazioni su gesti anonimi. Tutte le cose che avvengono in forma anonima vanno prima chiarite. Sapessi chi li ha messi direi quali sono le mie valutazioni, siccome non lo sappiamo è meglio tacere».