I deputati hanno votato all'unanimità dopo che le loro richieste alle logge erano cadute nel vuoto. «Vogliamo incrociare le liste con le informazioni che emergono da alcune indagini delle Procure calabresi e siciliane», spiega Fava. Il gran maestro del Goi attacca: «È un'intimidazione, violata la democrazia»
Sequestrati elenchi delle logge di Sicilia e Calabria Ordine da commissione Antimafia, finanza nelle sedi
La Guardia di Finanza ha sequestrato gli elenchi degli iscritti, dal 1990 a oggi, a diverse logge massoniche di Calabria e Sicilia. Lo ha disposto la commissione nazionale Antimafia che, da tempo, aveva chiesto ai gran maestri di consegnare le liste. Cosa che non è avvenuta. Oggi quindi all’unanimità i deputati membri della commissione hanno votato per il sequestro dei documenti delle associazioni Grande Oriente d’Italia; Gran Loggia Regolare d’Italia; Serenissima Gran Loggia d’Italia; Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori. E i militari delle Fiamme Gialle hanno effettuato le perquisizioni negli archivi centrali delle logge, custoditi a Roma.
«L’obiettivo – spiega il vicepresidente della commissione, Claudio Fava – è incrociare le liste dei massoni con tutte le altre informazioni giudiziarie, e non solo, che abbiamo raccolto e che raccoglieremo. Partiamo dalla Sicilia e dalla Calabria, perché è in quei territori che si concentrano le inchieste giudiziarie delle Procure di Reggio, Palermo, Catania e Trapani da cui emergono interferenze e possibili commistioni tra massoneria e mafia».
La commissione Antimafia nei mesi scorsi ha svolto numerose audizioni sul tema. In particolare ha sentito i gran maestri di numerose logge. Tra gli altri, anche Giuliano Di Bernardo, già Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, entrato a 22 anni nella massoneria, dimessosi dal Goi nell’aprile 1993, ad appena tre anni dal suo insediamento, e che ha recentemente fondato un nuovo ordine, Dignity. Di Bernardo ha rivelato particolari inquietanti – seppure non del tutto inediti – della sua esperienza alla guida della loggia più grande del Paese, soffermandosi sui rapporti con Cosa Nostra e con la ‘ndrangheta. Anche Teresa Principato, procuratrice aggiunta di Palermo, ha raccontato della rete di protezione di cui gode il boss latitante Matteo Messina Denaro.
«A Castelvetrano c’è la più alta densità massonica d’Italia – spiega Fava – e non è casuale che sia il territorio di Messina Denaro. Negli elenchi vogliamo verificare alcune cose, ad esempio se ci sono signori, magari incensurati, ma casualmente parenti, o soci, o nella cerchia ristretta dei sodali del boss latitante».
Poco dopo le perquisizioni, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, ha risposto: «Oggi è stata commessa una palese discriminazione nei confronti di una istituzione libera e secolare come la massoneria e c’é stata una grave violazione della democrazia e delle leggi dello Stato. È un atto arbitrario e intimidatorio. Quando – ha aggiunto – il protagonismo politico, mascherato da indagine, prende il sopravvento si finisce per percorrere una strada che porta lontano dalla necessità di capire e che finisce per sconfinare nell’illegalità. Si fa solo del sensazionalismo che non serve ad altro che ad alimentare una ingiustificata ed intollerabile caccia all’uomo. Chi ha riportato indietro le lancette della storia, arrivando a prendere provvedimenti che certi regimi in passato hanno attuato, si assuma oggi le proprie responsabilità. Noi massoni – ha concluso abbiamo già denunciato l’illeicità dell’azione esercitata dalla Commissione. Il Grande Oriente d’Italia si tutelerà in tutte le sedi italiane ed europee».
Parole che non scalfiscono la commissione. «Abbiamo esercitato i poteri che ci conferisce la legge – commenta il vicepresidente Fava – bastava che rispondessero alle nostre richieste, arrivate con anticipo e reiterate nel tempo». Critico il senatore del Movimento 5 stelle, Mario Giarrusso, anche lui membro della commissione. «Abbiamo partorito il topolino – ha commentato – restringere l’ambito di sequestro degli elenchi a due regioni quando il raggio d’azione delle mafie è nazionale, con soggetti operanti stabilmente a Roma, è una limitazione che renderà monca l’indagine. Si è evitato di prendere gli elenchi della Toscana, non sia mai si trovasse qualche nome molto conosciuto. È questa una scelta incomprensibile alla luce delle evidenze investigative in cui si trova traccia di rapporti tra massoneria e mafie che ha riguardato da tempo, per esempio, il traffico dei rifiuti in Toscana».
«Non siamo una commissione sulla massoneria ma sulle mafie – replica Fava – e abbiamo iniziato da Sicilia e Calabria perché è lì che sono emerse interessanti risultanze investigative».