Nel 2003 a Cristoforo Marino vengono diagnosticate lesioni pleuro polmonari. Per 25 anni ha lavorato a contato con le fibre killer. «Il timore di dovere morire da un giorno all’altro lo ha completamente bloccato», racconta il presidente del comitato. L'azienda finora ha risarcito 16 milioni di euro
Amianto, morto 136esimo operaio ex Sacelit «Siamo rimasti la metà e ci assale la paura»
Un altro operaio delle ex Sacelit di San Filippo del Mela è morto. «Due giorni fa alle 16 è venuto a mancare Cristoforo Marino, all’età di 87 anni – scrive Salvatore Nania, presidente del comitato Amianto è morte -, ha lavorato alla dal 1 agosto 1959 al 3 ottobre 1984, per ben 25 anni a stretto contatto con le fibre killer di amianto, come operaio addetto allo scarico dei sacchi di amianto dai vagoni ferroviari, alla produzione di tubi, lastre, pezzi speciali e serbatoi in amianto cemento». Gli erano state riconosciuto lesioni pleuro polmonari.
Cristoforo è il 136esimo operaio su 220 in forza alla ex Sacelit, l’azienda che per 38 anni in contrada Archi ha prodotto materiali per l’edilizia in calcestruzzo e amianto. La fabbrica sorgeva tra la Raffineria Mediterranea e gli impianti dell’Enel e un’acciaieria. Ha chiuso nel 1993 ed è stata definita la fabbrica della morte. Perché dei 220 dipendenti che lavoravano la polvere di amianto, man mano che passano gli anni aumenta il numero di quelli morti per malattie connesse al costante contatto con la fibra killer. A battersi per vedere riconosciuti i danni provocati dall’amianto sono da anni Nania e l’avvocato Corrado Martelli che sono riusciti a ottenere risarcimenti dall’azienda per 16 milioni di euro. «L’azienda – ha spiegato Nania – ha ammesso la sua responsabilità e non si rifiuta di dare i risarcimenti a ex dipendenti e familiari morti o malati».
Il 22 febbraio la lista degli operai morti si è allungata con il decesso di Cristoforo Marino. Che, come racconta Nania, «ha lavorato con serietà e correttezza, anche quando è stato adibito, di sabato, alla pulizia dei macchinari e alla portineria, inconsapevole dei rischi a cui andava incontro. Nessuno gli ha mai detto che le fibre di amianto erano pericolose per la sua persona e per i familiari, ai quali portava a casa gli indumenti zeppi di fibre da lavare».
Cristoforo inizia a soffrire alla fine del ’79 per insufficienza respiratoria e dispnea da sforzo. «L’Inail gli riconosce la patologia di malattia professionale con diagnosi: silicosi polmonare. Patologia che – sottolinea Nania – nulla ha che fare con l’esposizione all’amianto». Aggravatasi negli anni, effettua richiesta di aggravamento e nel 2003 gli viene riconosciuta dall’Inail di Milazzo: lesioni pleuro polmonari. Nel 2004 gli viene diagnosticata asbestosi pleurica con ostruzione delle vie aeree. L’evolversi delle patologie di questa malattia, direttamente connessa alla costante esposizione all’amianto, negli anni ha solo aggravato il quadro clinico dell’operaio. Condizionandone nei 38 anni successivi alla prima diagnosi la sua vita.
«La paura di dovere morire da un giorno all’altro lo ha completamente bloccato – prosegue Nania – con Cristoforo si allunga il numero delle vittime, tanto da raggiunge i 136 decessi causati dalle fibre di amianto su 220 ex dipendenti della Sacelit. Oggi siamo rimasti meno della metà, ancora in vita, tutti con patologie asbesto-correlate, e la paura ci assale tutte le volte che un compagno di lavoro ci lascia».